“B erremo il vostro sangue, vi massacreremo, direte che quello che vi ha fatto Hitler era uno scherzo”. Con la faccia d’angelo e “occhi di bragia”, Ahed Tamimi, beniamina della sinistra occidentale, ha soavemente predetto il futuro degli ebrei. Le ha fatto eco Elena Basile, paladina dei palestinesi, insoddisfatta della spietatezza e della ferocia dei jihadisti che, secondo il suo buon cuore, «avrebbero dovuto prendere più ostaggi». Il turco Erdogan, autocrate di un Paese sempre meno laico, che sta precipitando nella dittatura di un regime teocratico, è molto esplicito: «Israele è uno stato terrorista che commette crimini di guerra, mentre Hamas sta proteggendo la sua patria». Gli imam predicano la supremazia della loro religione sulle altre. Non nascondono le loro mire di conquista della parte del mondo più debole dove un malinteso senso della democrazia lascia varchi ai loro progetti di invasione e occupazione. Le anime belle non vogliono che lo si dica. Eppure uno scontro di civiltà è in atto: quella occidentale da una parte, l’islamica dall’altra. Si ha più paura delle parole che dei fatti e delle cose che quelle parole rappresentano e descrivono. Se usciamo dall’equivoco generato dall’ipocrisia del linguaggio politicamente corretto, non possiamo non dire che è ripresa anche una delle antiche guerre di religione.

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