Q uando capitano storie del genere il cittadino comune è autorizzato a pensare che l’intelligenza umana si sia messa a riposo aspettando che quella artificiale perfezioni l’algoritmo. Il fatto: una pensionata di Imperia riceve una bolletta di 15.339 euro, lo spavento è talmente forte che la donna finisce in ospedale e dopo qualche giorno muore. Si trattava di una bolletta pazza, figlia di una burocrazia che tira dritta quando dovrebbe frenare. La bolletta andava rivista, controllata e rielaborata. Invece no. La domanda allora sorge spontanea: è mai possibile che una somma così astronomica, che la povera donna non aveva mai visto in tutta la sua vita, sia sfuggita al controllo non di un computer ma di un cervello umano ordinariamente collegato? Bastava che un attento e solerte impiegato verificasse l’utenza della donna per scoprire quanto mediamente aveva pagato negli ultimi cinque anni e la faccenda finiva lì. Il caso della pensionata di Imperia non è isolato; le associazioni dei consumatori utilizzano quintali di carte bollate per bollette d’acqua costose quanto lo champagne, di energia elettrica, utenze telefoniche, Tari e imposte varie. Inevitabili i ricorsi, le spese di giustizia e i mal di testa. Roba da matti, o forse no. Parafrasando Italo Calvino: matto, forse non lo è; è soltanto uno che c’è in busta paga ma non sa d’esserci al lavoro.

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