D ’estate – periodo di cene di pesce e chiacchiere oziose – ci si imbatte in scoperte da “Forse non tutti sanno che”, per esempio che l'orata è un’ermafrodita proterandrica, cioè nasce maschio e a un certo punto diventa femmina. Se il dopocena è lungo e il caldo è tanto, a quel punto capita di immergersi in divagazioni come questa: se anche l’uomo a una certa età diventasse donna non avremmo problemi di maschilismo. Come fai a teorizzare che la donna deve starsene secca e pesta al posto suo se di lì a qualche anno in quel posticino marginale dovrai starci tu?

E se nascessimo tutti bianchi e a un certo punto – diciamo a 35 anni – diventassimo neri, non sarebbe di grande giovamento contro il razzismo? Come farebbe l’imbecille sugli spalti a fare il verso della scimmia al calciatore se sapesse che lui a gennaio sarà altrettanto nero?

Ma proprio mentre ti stai compiacendo di quanto sei profondo ti accorgi che c’è un problema. Noi nasciamo giovanissimi e se va bene diventiamo vecchi, eppure spesso abbiamo verso gli anziani un paternalismo e una condiscendenza che danno davvero sui nervi. Negli ospedali, negli uffici pubblici e anche sui mezzi di trasporto è pieno di gente nata ieri che dà del tu o tratta da minchione chi è nato avantieri. E noi giornalisti che diamo dell’arzillo nonnino all’ultracentenario di turno, ci mettiamo mai il problema di quanto sarà fastidioso sentirci definire così?

© Riproduzione riservata