A lmeno secondo la definizione corrente, il giornalismo consiste nel dare e commentare notizie. Perciò, con tutto il rispetto per il prescelto e per l’illustre giuria, il premio “È giornalismo” al Papa lascia perplessi. Soprattutto se si legge la motivazione: Francesco “interpreta, unica voce, il coraggio di usare il dialogo per dire parole di pace”. Ottimo, attività altamente meritoria: è politica nel senso migliore, è alta diplomazia, è lavoro per il bene dell’umanità.

Ma non è giornalismo.

Oppure dovremmo negare che lo fosse quello di Oriana Fallaci, che non cercava il dialogo né la pace ma la spigolosa riaffermazione di un’identità. E Scalfari, Fortebraccio, Travaglio e Feltri, Selvaggia Lucarelli e Giuliano Ferrara: tutti da bocciare per mancanza di ecumenismo? E non è forse giornalismo (satirico, perciò doverosamente disturbante) quello di Charlie Hebdo? Quando i jihadisti offesi dalle vignette sull’Islam fecero strage in quella redazione di goliardi (a volte) geniali il collega Bergoglio, pur deplorando la violenza, ribadì l’obbligo di fermarsi davanti al sacro: “Se insulti mia mamma ti aspetta un pugno”. È giornalismo anche questo?

Francesco è un brillante piacione e alle penne del progressismo mainstream piacciono le scelte facili. Ma allora perché non premiare alla memoria Purgatori e le sue inchieste sul caso Orlandi?

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