D a tanti anni a questa parte una cosa che colpiva chiunque si trasferisse a Cagliari era il rapporto della città con Gigi Riva. Accanto all’indelebilità della sua leggenda c’era il garbo, la misura che un po’ tutti sapevano mostrare nei confronti di un idolo riservato. Verso Riva si tendeva per gratitudine a dare il meglio, anche in sua assenza. Per esempio nel non vantare grossolanamente una qualche immaginaria o reale familiarità con lui, nel lesinare sull’aneddotica a meno che non sottolineasse la sua umanità e la sua eleganza. Anche soltanto nel salutarlo discretamente per strada, per poi voltarsi con un sorriso quasi infantile verso l’interlocutore col quale fino a un istante prima si chiacchierava di lavoro o di cantieri stradali o di pettegolezzi e dire: hai visto? Era Riva... secondo quel principio chiarito da Fruttero e Lucentini in base al quale quando vedi il Colosseo o la laguna di Venezia li devi nominare a voce alta, sennò è come se non avessi fatto il viaggio.

Anche lui tanti anni fa si era trasferito a Cagliari e, oltre a quella domenica pomeriggio in cui la seppe rendere felice, l’ha fatta diventare e restare, giorno dopo giorno, una città un pochino più capace di mostrare delicatezza. Una magia, se vogliamo. Ma d’altra parte il signore se ne intendeva.

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