«S chiaffo sul sedere della telecronista». Questo titolo, letto alcuni giorni fa su un quotidiano nazionale importante, mi ha fatto sobbalzare. Per due diversi motivi. Il primo, istintivo, di indignazione per un gesto volgare e offensivo; il secondo, inconscio ma non meno impulsivo, per l’offesa alla lingua italiana. L’episodio, in diretta televisiva e infinite repliche, è stato visto da milioni di italiani. Lo sdegno è stato quasi unanime. Quasi: perché i cretini compaiono sempre nei momenti sbagliati che loro, da insipienti, ritengono giusti. Alla sordità intellettuale e alla cecità morale che li contraddistingue va opposto soltanto l’ostracismo del silenzio. Vedremo come la vicenda si concluderà in tribunale. Alcune recenti sentenze ambigue sui reati di molestia in generale e sessuale in particolare lasciano ampio margine all’incertezza. Non c’è incertezza, invece, sulla necessità di infliggere adeguata condanna a chi maltratta la lingua italiana: un daspo telematico, ossia un allontanamento dei maltrattatori da stampa, radio e Tv. Per quanto tempo? Finché non sarà loro chiara la diversa collocazione anatomica tra fondo schiena e faccia; finché non sapranno distinguere uno schiaffo da una sculacciata. O, per ricorrere a una terminologia più disinvolta, un ceffone da una pacca sul sedere.

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