M aria Ressa è una persona poco prevedibile. Il presidente Rodrigo Duterte è riuscito a farla finire sotto processo e in carcere per frenare le sue inchieste su un regime che si proclama assassino ma sotto sotto è pure ladro. Quindi sarebbe stato logico aspettarsi che la giornalista, una volta che si è ritrovata il megafono del Nobel per la pace in condominio col collega russo Dmitry Muratov, se la prendesse con l’uomo forte di Manila. E invece ha puntato il dito contro Facebook, che è «contro i fatti» e non è in grado di impedire la diffusione della disinformazione. Fb «è prevenuto contro i fatti, è prevenuto contro il giornalismo. Se non hai fatti, non puoi avere verità, non puoi avere fiducia. Se non hai nessuno di questi, non hai una democrazia».

Anche i sostenitori della chiusura di Forza Nuova sanno che basterebbero 3 ore per vederla risorgere sotto altro nome. La verità indicibile è che a voler chiudere i luoghi sociali dove rigermoglia il fascismo si dovrebbe oscurare la rete, o almeno i social. E questo non si può. Però si può chiedere la divisione di Facebook in molte imprese concorrenti fra loro. Si è già fatto per settori strategici come l’energia, è tempo di farlo per la comunicazione. Forse non è il momento in cui si può, di certo è il momento in cui si deve.

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