A llegri, ci siamo arrivati. Dopo aver zigzagato, giocherellato e zuzzerellato tra Orban il duro e Von der Leyen la severa, spuntano i titoli di coda. “L’Europa è preoccupata? La pacchia è finita”. Così disse Giorgia Meloni anticipando, sul sibilo di Ennio Morricone, il duello con Bruxelles sul Mes. E così è stato. Il no al fondo salva Stati è arrivato puntuale ma che la pacchia sia finita per l’Europa e non per l’Italia è assai improbabile. Il ministro Giancarlo Giorgetti per timore di Salvini si è adeguato e, coerente nell’incoerenza, resta a difesa di ciò in cui non ha mai creduto: ce la faranno pagare, confessa. Se pensa al Patto di stabilità, che significa da un lato dimenticare di campare sui debiti per dare mance e mancette e dall’altro metter mano al rientro, ha capito tutto. Quanto ad affidabilità diamo punti al tarocchista di Fogazzaro “Siamo arcifritti, o Regina”. A Bruxelles di noi non si fida più neppure il giardiniere e non è agevole dargli torto. Siamo l’unico Paese a non aver ratificato il Mes: furbi noi e tutti gli altri fessi? Incominciamo a capire che oltre i diritti esistono anche i doveri, che oltre al rispetto dei patti non bisogna abusare della pazienza altrui. Alziamo il calice di gazzosa vinosa e cantiamo il Te Deum di ringraziamento. Un modo come un altro per augurarsi, tra gente semplice e onesta, il fatidico “a chent’annos”.

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