I n questi giorni i giornali progressisti d’Europa lanciano un allarme: attenti, sta per nascere in Italia il governo “più di destra” della storia della Repubblica. Viene spontaneo ribattere: embè? Perché nessuno si spaventò quando nacque quello “più di sinistra”? Non meravigliamoci, è un vecchio trucco della propaganda politica: quando un partito sta giocando a carte perse invoca il pronto soccorso dei giornalisti amici stranieri, cui si offrono golosi input. Negli ultimi tre mesi gran parte della stampa italiana che si definisce “riformista” ha raffigurato uno scenario catastrofico in caso di vittoria elettorale del centrodestra. All’estero le testate d’area contigua hanno fatto eco dipingendo il quadro con tinte ancora più fosche. I nostri quotidiani, quelli da cui erano partite le imbeccate, hanno ripreso quegli articoli come fossero originali e spontanei avvertendo: la democrazia è in pericolo, lo gridano in tutta Europa, persino in America. È un circuito ben collaudato, che ebbe successo nello Stato Pontificio due secoli fa per aggirare le pesanti sanzioni del potere temporale del Papa Re contro i dissidenti. Quelle notizie, uscite e rientrate tali e quali, furono chiamate “cavalli di ritorno”. In Italia, questa volta, i cavalli sono tornati azzoppati. Serva di lezione a chi li ha cavalcati.

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