L ucia Annunziata nella chiacchierata con la ministra Eugenia Roccella è uscita dai gangheri e dal bon ton televisivo. Ha sbagliato e si è scusata ma la parola che forse anche l’Accademia della Crusca non considera più una parolaccia, tale resta nei puri di facciata per pretendere l’allontanamento da viale Mazzini. Gira voce che in Rai presto scatteranno ben altri cambi di guardia, normali nell’italica anormalità che vede la politica spartirsi anche le cadreghe dell’informazione che, per quanto riguarda la tivù pubblica, dovrebbe avere un unico padrone: il telespettatore che paga il canone. Eppure oggi, come sempre, come in passato, c’è una Rai che deve piacere al governo e perciò chiamata in qualche modo a rappresentarlo. È arrivato il tempo dei “nuovi” saliti nel carro dei vincitori ma che gli addetti ai lavori, secondo i primi commenti, considerano già inadeguati. Non mi pare un grave inconveniente, visti i risultati che di solito ottengono gli “adeguati”; in fondo non devono sostituire Amadeus ma avere un programma possibilmente non elettorale. E se ci scappa una parolaccia dal sen fuggita, non sarà il massimo dell’eleganza ma la storia della tivù pubblica e dei protagonisti non si giudica da un “cavolo” fuori posto e luogo ma dal racconto della storia che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Qualche volta distratti o maliziosi.

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