S arebbe facile fare gli spiritosi sulle cose dette da Letta nell’intervista di ieri sul Corriere. Sia in generale per l’astrattezza del linguaggio, sia in particolare per il passaggio in cui dice che l’idea di battere l’avversario non gli appartiene, e in effetti è da alcune elezioni a questa parte che il Pd evita responsabilmente di commettere questo errore.

Sul finale però dà uno spunto interessante quando nota nella nostra informazione “una sorta di par condicio delle ragioni della Russia e dell’Ucraina”.

Ha ragione e anzi la par condicio spesso è tra vero e falso, o comunque tra i tentativi di analisi e la propaganda. Come mai? La sensazione è che per alcuni lavoratori dell’informazione, soprattutto televisiva, il modo più facile per non apparire servi del potere sia dare acriticamente peso a un contropotere, meglio se più opaco e controverso di quello conclamato. E così si salvano l’immagine e gli ascolti, così si salvano la coscienza - e anzi per non sciuparla neppure la usano - e buonanotte a quella di chi li ascolta per capire che cosa sta accadendo.

(Poi ci sarebbe da fare un discorso anche sulla buonafede dello spettatore, che noi ci rappresentiamo come un Cappuccetto Rosso nel bosco delle notizie e invece certi toni e certi talk li sceglie per avere conferme viscerali da tifoso più che elementi di conoscenza, ma magari è un discorso che non facciamo oggi).

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