Carnevale di Ovodda, il carnevale del mercoledì delle ceneri
Il rogo di Don Conte, l’assenza di maschere caratteristiche e lo spirito trasgressivo di un carnevale unicoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il Carnevale di Ovodda è una delle feste più caratteristiche della Sardegna, nota per il suo spirito trasgressivo e il suo forte legame con la tradizione. Si distingue dagli altri carnevali barbaricini, come quelli di Mamoiada o Ottana, per il fatto che si svolge il mercoledì delle Ceneri e per la sua atmosfera di anarchia e satira sociale.
La storia del carnevale di Ovodda
Pur non avendo una datazione precisa, si inserisce nella tradizione carnevalesca della Barbagia, dove il carnevale era un momento di rovesciamento dell’ordine sociale e di sfogo collettivo prima del periodo di Quaresima.
Le sue radici affondano in antichi rituali legati alla fine dell’inverno e al rinnovamento della comunità. Come in molte tradizioni pagane, si celebrava un capro espiatorio simbolico, un colpevole fittizio che, con la sua condanna e il suo rogo, rappresentava la purificazione del paese dai mali e dalle ingiustizie dell’anno passato.
Il Carnevale di Ovodda è rimasto autentico e poco influenzato dal turismo.
A differenza di Mamoiada o Ottana, dove ci sono maschere rituali codificate come i Mamuthones e i Boes e Merdules, a Ovodda il carnevale è caratterizzato da travestimenti improvvisati, volti anneriti con il sughero bruciato e un forte spirito goliardico e irriverente.
Non ci sono gruppi mascherati organizzati, chiunque può partecipare travestendosi come vuole. La festa è spontanea e anarchica, con scherzi, satire sociali e una totale libertà di espressione.
Le tradizioni secolari
Gli abitanti si mascherano con abiti vecchi e stravaganti, senza regole rigide, il volto viene annerito con sughero bruciato, un segno di trasformazione e di anonimato.
Tutti possono partecipare liberamente, dando vita a una giornata di pura anarchia festosa, in cui gli scherzi e la satira sono protagonisti.
Una delle tradizioni più antiche e simboliche è quella del fantoccio di Don Conte, che rappresenta un capro espiatorio da condannare per i mali della comunità. Subisce un processo fittizio, in cui vengono elencate le sue "colpe" con toni satirici e grotteschi, proprio questo processo pubblico, in cui si emettono accuse ironiche e surreali, è il momento culminante della festa, che si conclude con la condanna a morte. Il condannato viene trascinato per il paese tra risa e schiamazzi, fino alla sua esecuzione finale, in cui il fantoccio – il mercoledì delle Ceneri - viene bruciato in una pira e il fuoco rappresenta la purificazione della comunità dai problemi e dalle tensioni dell’anno trascorso. Dopo il rogo, la festa continua con balli, canti e un grande banchetto collettivo, in cui vengono serviti carne di maiale arrosto e salsicce, zippulas e vino rosso locale.
Le maschere tradizionali di Ovodda
Unica maschera ricorrente del carnevale di Ovodda è un fantoccio, quello di don Conte appunto. È una figura simbolica, rappresentata con vestiti di stracci e un aspetto grottesco. Personifica il potere corrotto, l’ingiustizia sociale o qualsiasi problema collettivo. Viene portato in giro per il paese tra urla, scherzi e canti prima di essere processato e condannato al rogo.
Ma il vero spettacolo del carnevale di Ovodda è il popolo mascherato. Non ci sono gruppi organizzati, ognuno si traveste come preferisce. Alcuni si vestono da vecchi, mendicanti o personaggi strampalati, enfatizzando la comicità e la dissacrazione. La confusione e l’improvvisazione sono elementi essenziali: chiunque può essere parte della festa, senza ruoli predefiniti. Non ci sono dunque maschere codificate come Boes e Merdules e Ottana, o Mamuthones e Issohadores a Mamoiada. Una delle caratteristiche è l’uso del sughero bruciato per annerire il visto e rendere irriconoscibili i partecipanti. Si usa di tutto: vestiti vecchi, stracci, gonne maschili e abiti femminili, in un gioco di inversione dei ruoli sociali.