Maxime Mbandà, 28 anni, di Milano, è il flanker delle Zebre Parma, e della nazionale italiana di rugby. Nato a Roma, a tre anni si è trasferito all'ombra della Madonnina, dove ha iniziato a giocare nelle giovanili dell'Amatori Milano e poi nella Grande Milano. Ingaggiato dal Calvisano ha vinto due scudetti consecutivi e un trofeo Eccellenza. Nel 2016 è passato alle Zebre di Parma e a giugno dello stesso anno ha debuttato con la Nazionale contro gli Stati Uniti a San José. Da quella partita è una presenza fissa nel pacchetto di mischia azzurro. Con il quindici capitanato da Sergio Parisse è volato ai mondiali in Giappone, disastrosi per i nostri colori, dove solo un tifone in arrivo ci ha regalato un punto con gli All Blacks. Pari a tavolino e ritorno in Italia a testa bassa. Quel che è accaduto nei mesi successivi ha dimostrato che nella vita ci sono cose peggiori. Così quando la palla ovale è andata in lockdown, Maxime ha giocato un'altra partita, contro un nemico piccolo e veloce, perfino più del mediano di mischia sudafricano Faf De Klerk. Lui abituato a placcare tutto quello che si muove, ha fatto il volontario nelle ambulanze impegnate contro il coronavirus.

Il 5 giugno ha scritto sul suo profilo Instagram. «Sono stati i 70 giorni più impegnativi della mia vita. Ho trasportato più di 100 pazienti, fatto turni massacranti dove pranzavo alla sera, perché non potevo togliermi quella tuta per non rischiare di contagiarmi finchè non venivo sanificato».

Per il suo impegno Maxime è stato nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il racconto di quei giorni è un reconto crudo e durissimo. «Durante il periodo più intenso ho pianto la sera, sfogandomi per quello che vedevo durante il giorno ed a cui non ero abituato, non riuscivo a prendere sonno la notte nonostante fossi distrutto e mi sono ritrovato anche a svegliarmi alle 3 del mattino tutto bagnato per poi scoprire che mi ero fatto la pipì addosso. Quella tuta è stata così tanto la mia seconda pelle in questi due mesi che una volta dopo ore di servizio (e per fortuna avevo finito l'ultimo trasporto della giornata) non sono riuscito a trattenermi e me la sono fatta sotto, di nuovo. Pensavo di avere problemi, stavo vivendo una seconda infanzia in pratica, ma semplicemente non stavo rispettando il mio corpo. Volevo essere in servizio il più possibile e mi sentivo addirittura in colpa quando non ero in Croce Gialla ad aiutare gli altri volontari». Lo spirito del milite e quello del rugbista si sono uniti, trovando un sapore particolare nell'essere utile agli altri.

«Detto questo, rifarei tutto dall'inizio - ha scritto sempre su Instagram - Anzi, ho ammesso più volte in questo periodo di essermi pentito di non aver iniziato prima e consiglierò d'ora in poi a chiunque di provare a svolgere dei servizi di volontariato e di cercare di percepire le emozioni che lascia, che sono imparagonabili con qualsiasi altra esperienza. È giusto pensare ai soldi ed alla sopravvivenza nella vita, ma a volte fare qualcosa senza pensare ad una retribuzione ma facendola partire dal cuore ha un sapore che per me è paragonabile a quello di un tiramisù, il mio dolce preferito.

Maxime ha 26 anni, è studente all'ultimo anno in Scienze Motorie. In uno sport dove il contatto è il presupposto essenziale la ripresa delle attività avverrà con molto ritardo rispetto ai cugini della palla rotonda. Nei giorni scorsi il board del Guinness Pro14, dove militano Zebre e Benetton Treviso, ha ufficializzato il calendario e gli orari per la ripresa del torneo. .

Un calendario abbreviato vedrà il Guinness Pro14 disputare ancora due turni di stagione regolare, le semifinali e la Finale lungo un periodo di quattro weekend consecutivi. A inaugurare il ritorno in campo, venerdì 21 agosto, sarà proprio il derby italiano tra Benetton Rugby e Zebre Rugby Club a Monigo. E c'è da scommettere che quelli per Maxime sanno applausi davvero speciali.
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