Non è una considerazione troppo originale. Il mondo del pedale si è reso ormai conto del fatto che chi viene dal fuoristrada arriva alle corse su strada con qualcosa in più. Il ciclismo moderno, in cui gli organizzatori cercano percorso sempre più variegati, difficili, problematici (pavè, sterrati, pendenze allucinanti), è pane per gli specialisti della mountain bike e del ciclocross. Un tempo si diceva che la scuola della pista fosse indispensabile, oggi anche le altre specialità si sono scoperte vincenti. E il ciclocross, che la sua retorica del fango, del freddo, della neve è in prima fila. Niente di nuovo, a ben guardare. Il belga Roger De Vlaemink, "monsieur Roubaix" (quattro successi sul pavé), straordinario corridore su strada (164 vittorie), fu anche campione del mondo di ciclocross nel 1975 (e argento nel 1974). Erano i tempi in cui si diceva che l'attività invernale fosse utile per mantenere la condizione, ma in questo caso è un concetto che va a sovrapporsi con la poderosa tradizione belga (ma anche olandese) in questa disciplina.

Mondiali Juniores nel 2008 a Spresiano: Jouffroy precede Sagan (foto L'Unione Sarda - Melis)
Mondiali Juniores nel 2008 a Spresiano: Jouffroy precede Sagan (foto L'Unione Sarda - Melis)
Mondiali Juniores nel 2008 a Spresiano: Jouffroy precede Sagan (foto L'Unione Sarda - Melis)

Tanto è vero che, arrivando ai giorni nostri, due fuoriclasse del ciclocross come il fiammingo Wout Van Aerts e l'olandese Mathieu van der Poel, sono anche due fra le più interessanti realtà del ciclismo professionistico. Il primo, purtroppo, è ancora fermo dopo una terribile caduta al Tour de France (è finito contro una transenna durante la crono di Pau). Proprio Van der Poel, sarà invece la stella indiscussa degli Europei di ciclocross, che tornano a disputarsi in Italia, a Silvelle di Trebaseleghe (Veneto). La sua classe purissima è genetica. Suo padre, Adrie van der Poel, ex iridato del ciclocross, ha un palmares da brividi su strada. Negli anni Ottanta ha infilato nel carniere Giro delle Fiandre, Parigi-Tours. Amstel Gold Race, Clasica San Sebastian, Liegi-Bastogne-Liegi, due Parigi Bruxelles e due tappe del Tour de France. Già basterebbe, ma non è tutto. Suo nonno è "niente Pou Pou di meno" che Raymond Poulidor, leggenda francese, otto volte sul podio del Tour de France (con sei tappe vinte), senza mai indossare la maglia gialla neppure per un giorno. Quando Mathieu trionfa nella mountain bike, nel ciclocross o su strada (Amstel Gold race, su tutte) nessuno si stupisce. L'Italia ha avuto specialisti di valore mondiale: Renato Longo, Vito Di Tano, Daniele Pontoni (che corse e vince anche in Sardegna negli anni Novanta), Enrico Franzoi (poi professionista con la Lampre) e, forse il più conosciuto, seppure non così vincente, Claudio Chiappucci, che l'Isola ha conosciuto grande protagonista, come anche Pontoni, nella Due Giorni Internazionale della Provincia di Cagliari (poi della Sardegna), inventata da Gino Mameli alla fine degli anni Ottanta.

Fabio Aru nel 2007 quando era Junior e specialista del cross (foto L'Unione Sarda - Melis)
Fabio Aru nel 2007 quando era Junior e specialista del cross (foto L'Unione Sarda - Melis)
Fabio Aru nel 2007 quando era Junior e specialista del cross (foto L'Unione Sarda - Melis)

Perché anche la Sardegna può vantare, soprattutto a livello giovanile, la sua ottima tradizione sui prati. Miro Bodano, Walter Uccheddu, Dino Moi, Giancarlo Saiu sono solo alcuni dei tanti nomi che si sono distinti nella regione e affacciati sulla ribalta nazionale, vestendo anche la maglia azzurra. Non a caso, è proprio nel settore fuoristrada che si è rivelato il talento cristallino di Fabio Aru. Cresciuto nella mountain bike con la maglia della Piscina Irgas 3C, il villacidrese ha subito sposato il ciclocross. Nel periodo in cui era tesserato con la Sardegna Sottozero Carrera Ozierese (da Junior), viaggiava nel weekend per andare a gareggiare nel Norditalia, aiutato dalla famiglia Cevenini, a Bologna. Convocato in Nazionale, gareggiò in coppa del Mondo e ai mondiali di Spresiano 2008, quando fu tradito dall'emozione e di dimenticò di fare colazione, restando senza benzina. Quel giorno l'argento andò a un talentuoso slovacco di Zilina. Si chiamava Peter Sagan: tre anni dopo avrebbe dominato il Giro di Sardegna e stupito il mondo con le sue eccezionali doti. Un altro esempio di come il cross fortifichi un corridore e ne completi il bagaglio tecnico.

Imprevisti sull'ostacolo in una gara di ciclocross sarda (foto L'Unione Sarda - Melis)
Imprevisti sull'ostacolo in una gara di ciclocross sarda (foto L'Unione Sarda - Melis)
Imprevisti sull'ostacolo in una gara di ciclocross sarda (foto L'Unione Sarda - Melis)

Da qualche anno anche la Sardegna l'ha riscoperto, dopo alcune stagioni in cui la concorrenza della mountain bike e la scarsa fiducia delle società avevano ridotto la stagione a due o tre gare in tutto, campionato regionale compreso. Poi, piano piano, l'interesse è tornato e i corridori pure. Chi battagliava nelle categorie agonistiche magari adesso è un master (il quartese Massimiliano Cadelano su tutti) e nelle categorie giovanili si affacciano nuovi talenti. Tra poche settimane, il 10 novembre, a Loiri, la stagione scatterà con ben dieci gare, l'ultima delle quali a fine gennaio a Capoterra, toccando tutta la Sardegna. Sono riunite in un unico circuito, di nuova creazione: è il GP Memorial Efisio Melis, dedicato al dirigente della Polisportiva Capoterra che vent'anni fa e più fece gareggiare (e vincere) sui prati anche Alberto Loddo. Nel bagaglio tecnico del più vittorioso professionista sardo di ogni epoca (26 successi), non c'era soltanto la pista.
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