Anno 1990, è il 20 maggio e si gioca la partita numero 36 delle 38 del campionato di serie B. Minuto 68: il Cagliari batte un calcio d'angolo dalla sinistra dell'area del Pisa e dopo uno scambio ripetuto all'altezza del corner il pallone viene messo in mezzo da Poli. Nel groviglio di maglie nerazzurre e bianche - divisa da trasferta dei rossoblù - spunta la testa di Fabrizio Provitali, giovane centravanti acquistato nell'estate del 1988 dalla Roma. Con un tempismo perfetto l'attaccante anticipa la difesa avversaria, colpisce la palla e segna il 2-2.

Fabrizio Provitali
Fabrizio Provitali
Fabrizio Provitali

I giocatori esultano come avessero vinto, perché è il gol che regala alla squadra allenata da Claudio Ranieri la certezza della Serie A. Il risultato infatti non cambia più e il pareggio consente al club dei fratelli Orrù di toccare i 46 punti e salire assieme al Torino (primo in classifica a 51 punti) e proprio al Pisa padrone di casa (secondo a quota 49) il massimo campionato. Il Parma è quarto a 43 e la reggina, quinta, ultima a poter insidiare i rossoblù, è ferma a 40. Quella rete mette fine a sette anni di travaglio durante i quali la società è retrocessa due volte (dalla A alla B e dalla B alla C1), ha rischiato di finire in serie C2, è arrivata a un passo dalla scomparsa per fallimento e ha subito l'onta della penalizzazione per il Totonero bis nel 1986-87.

Claudio Ranieri
Claudio Ranieri
Claudio Ranieri

Solo dopo l'arrivo di Tonino e Ninnino Orrù al comando del club comincia la risalita, culminata nella straordinaria salvezza colta nel 1990-1991 in Serie A e nella successiva qualificazione alla Coppa Uefa nel 1992-1993 (ma il presidente era già Massimo Cellino). Un cambio di rotta sostanziale cominciato nel 1988-1989 con la promozione in serie B e l'arrivo in panchina di Claudio Ranieri, tecnico giovane e poco conosciuto che nel corso della carriera ha raccolto enormi soddisfazioni.

Claudio Ranieri e Ninnino Orrù
Claudio Ranieri e Ninnino Orrù
Claudio Ranieri e Ninnino Orrù

Ma il crocevia di questa epopea emozionante, seconda nella storia del Cagliari solo al decennio d'oro di Riva e dello scudetto conquistato nel '70, forse è davvero quel banale quanto fondamentale gol del 2-2 a Pisa. Sono passati trent'anni e chi ha vissuto quei giorni nel ricordare quella splendida cavalcata prova ancora le stesse emozioni. Cambiata metà della formazione protagonista della risalita dalla terza serie (a stagione iniziata aveva salutato anche il mitico Guglielmo Coppola, capace di infiammare l'Amsicora - il sant'Elia era chiuso per lavori - con la capriola che, all'altezza del calcio d'angolo, beffava gli avversari accorsi a chiudergli la strada), la dirigenza rossoblù aveva costruito una rosa composta da calciatori giovani e di categoria che si sarebbe rivelata tra le migliori per costanza e rendimento. Al suo interno spiccavano il portiere Mario Ielpo, poi andato al Milan, i difensori Gianluca Festa (di Monserrato, un'ottima carriera che lo ha portato all'Inter e alla Roma), Aldo Firicano (acquistato dall'Udinese, rivelatosi uno dei migliori liberi dell'epoca), Massimiliano Cappioli (prelevato dalla Roma quando era un ragazzino e diventato in Sardegna un centrocampista da Nazionale, anche se la convocazione era arrivata solo dopo la cessione) e il grande Ivo Pulga, centrocampista tosto diventato anche allenatore del Cagliari, che in quella stagione si era infortunato a dicembre e non aveva potuto partecipare da protagonista alla corsa verso la A. Attorno a loro c'era lo zoccolo duro composto dal capitano Lucio Bernardini, dai difensori Maurizio Poli (gran corridore sulla fascia), Carlo Cornacchia e Mauro Valentini (stopper d'altri tempi), Luciano de Paola (roccioso centrocampista calabrese) e dal mitico difensore Maurizio Giovanelli, protagonista della scalata alla B ma in panchina nell'anno seguente. Poi i giovanissimi Pasquale Rocco (idolo delle ragazzine), Raffaele Paolino (punta prelevata dall'Inter) e appunto Fabrizio Provitali. Col tempo sarebbero sbarcati nel capoluogo il principe Francescoli (un 10 tra i più forti a livello mondiale), l'architetto Gianfranco Matteoli, l'ineguagliabile Gianfranco Zola e il Ninja Nainggolan. Ma allora la curva nord impazziva per una coppia d'attacco che, messa insieme, non superava i 43 anni. "Paolino gonfia la rete" e "con Paolino e Provitali torneremo in Serie A" erano il mantra dello stadio. Molto profetico, perché nonostante il torneo fosse ostico la squadra, dopo un avvio difficile, aveva trovato la quadratura del cerchio e si era messa a correre. La Ferrari che gli era stata data dalla società (così il tecnico romano aveva definito i suoi uomini già l'anno precedente) aveva messo in pista tutti i cavalli e riportato la città nell'olimpo del calcio.

Allora tutto torna a quel minuto 68' della partita Pisa-Cagliari, con la rete di Provitali che seguiva quelle di Neri per i padroni di casa al 2', del rossoblù Valentini al 20' e del nerazzurro Incocciati su rigore al 58'. Era l'11esimo dei 12 gol segnati dal bomber capitolino in quel torneo, quasi un terzo dell'intero bottino rossoblù (una potenza di fuoco abbastanza ridotta: 39 centri in tutto il torneo con Cappioli secondo marcatore a quota 7).

Mario Ielpo
Mario Ielpo
Mario Ielpo

La partita successiva era stata una festa: al Sant'Elia erano accorsi 32.285 tifosi, numeri che oggi i campi di Serie A faticano a raccogliere. A quei tempi lo stadio richiamava spettatori da tutta l'Isola, molti dei quali partivano dal Nord e arrivavano nei parcheggi attorno all'impianto a fine mattina, con congruo anticipo, e attendevano l'apertura dei cancelli preparando panini e bevendo vino. Le cui bottiglie non mancavano di comparire anche sugli spalti, non solo nelle curve ma anche nei settori più centrali. Altri tempi. Contro la Triestina, passata in vantaggio al 1', era finita 1-1. Per il Cagliari era andato a segno, neanche a dirlo, Provitali. Si giocava alle 16. Alle 18 i caroselli di auto riempivano la città, inondata da una folla rumorosa e festante, mentre negli spogliatoi la squadra portava in trionfo il tecnico, i presidenti e il direttore sportivo Carmine Longo, artefice del miracolo avendo messo insieme i pezzi di una formazione sulla quale pochi all'inizio avrebbero scommesso. Era di nuovo serie A, proprio nell'anno in cui la Sardegna doveva ospitare un girone del Mondiale di Italia 90, e nonostante l'avvio incerto.

Come era ovvio, da matricola di un campionato complicato come la B. La sconfitta all'esordio con l'Avellino di Nedo Sonetti (che poi era stato esonerato e anni dopo era diventato tecnico rossoblù), la vittoria risicata con la Reggina, il pari col Cosenza e il ko a Licata. Poi tre successi di fila con Monza, Catanzaro e Brescia. Alti e bassi con la beffa a Torino (1-0 per i padroni di casa, gol di Cravero al 78', novembre 1989) e la svolta - forse - del torneo con la vittoria sul Pisa capolista (1-0, Provitali al 77' e Cagliari a -3 dalla vetta). Quel giorno negli spogliatoi Ranieri augurò ai tifosi di vivere un'annata migliore della precedente, che aveva condotto i suoi uomini alla promozione. Un chiaro messaggio: si puntava alla A. Da quel momento, messo a punto il motore, la squadra non aveva mai lasciato il quarto posto salendo sino al terzo e raggiungendo l'apoteosi all'Arena Garibaldi di Pisa il 20 maggio 1990. La classifica finale: Torino 53 punti, Pisa 51, Cagliari 47, Parma 46. L'anno dopo, con innesti mirati, i rossoblù avrebbero compiuto un'impresa ancor più grande. Ma questa è un'altra storia.
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