Malagò: "Al Cagliari il Collare d'Oro 2020"
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Il Cagliari entra nel mito dello Sport. Definitivamente. E a metterci il sigillo è Giovanni Malagò, presidente del Coni: quest'anno il Collare d'Oro, massimo riconoscimento dello Sport italiano, sarà attribuito proprio al club rossoblù. Già tre anni fa, il capo del Comitato olimpico nazionale venne in città per consegnare lo stesso premio.
Era il 12 febbraio 2017, lo stadio il vecchio Sant'Elia, prossimo alla dismissione. Prima di una sfida tra i rossoblù e la Juventus, Malagò lo attribuì all'atleta simbolo della Sardegna: Gigi Riva. Il pubblico, in visibilio, si spellò le mani. Commosso, davanti alla scena del vecchio bomber, icona della Nazionale e santo laico nell'Isola, premiato al centro del suo stadio, sommerso da un abbraccio collettivo.
Adesso il Collare d'Oro torna a Cagliari, per essere sistemato nella già prestigiosa bacheca del club rossoblù: «Sono particolarmente felice di annunciare che ho proposto alla Commissione benemerenze del Coni di assegnare al Cagliari per il 2020 il Collare d'Oro, la massima onorificenza sportiva del Paese», dice Malagò, «come meritato riconoscimento per la sua gloriosa storia e magico coronamento di un 2020 che coincide con il Centenario del club e con il cinquantesimo anniversario della vittoria dello storico scudetto».
Il numero uno dello Sport italiano inizia da qui un'analisi a lunga gittata sullo stato di salute delle varie discipline, sapendo che - con il coronavirus comunque sempre in agguato e l'economia in ginocchio - un premio di tale portata non può che riempire l'Isola di orgoglio. Tra l'altro, proprio nel momento in cui le principali specialità (per giovedì è convocata in videoconferenza la Giunta straordinaria del Coni con il ministro Spadafora) e, in particolare, la Serie A, provano a ripartire, per chiudere la stagione con una parvenza di normalità.
Presidente Malagò, ritiene che il campionato possa riprendere, anche se a porte chiuse?
«Non entro nel merito di una decisione che necessita di approfondimenti tecnici e scientifici, attualmente al vaglio degli organismi preposti. Il ministro Spadafora e il Governo assumeranno l'orientamento che riterranno più idoneo in base all'elaborazione delle risultanze ottenute. Credo comunque che niente sia escluso a priori e nulla verrà lasciato al caso».
Slittano gli Europei di calcio e anche le Olimpiadi. Per gli atleti azzurri sarà un vantaggio?
«Stiamo vivendo un momento di emergenza mondiale che ha i crismi dell'eccezionalità. Lo testimonia il rinvio dei Giochi Olimpici di Tokyo, che, fino a oggi, si erano fermati solo in occasione di eventi bellici. Gli atleti, dopo un giustificato momento di disorientamento, hanno rimodulato i programmi e focalizzato il nuovo obiettivo. Spero che i nostri sappiano trarre il meglio da questa situazione: per i giovani è un'opportunità per presentarsi all'evento ancora più forti; per i campioni affermati, l'occasione per chiudere la carriera nel modo migliore».
Le Federazioni sono allo stremo. C'è un piano di aiuti straordinario in atto?
«Il Coni, per effetto della legge 145 del 2018, non detiene più la titolarità del finanziamento degli organismi sportivi, passata in capo alla società Sport e Salute Spa. Il ministro Spadafora conosce bene lo stato dell'arte, il Governo ha varato un primo piano di interventi e ha già annunciato altre iniziative a favore del sistema. È una situazione molto complessa: è necessario tener conto delle necessità di tutto il settore, a partire dall'associazionismo di base, la spina dorsale del movimento».
Può essere questo il momento propizio per una riforma generale dello Sport?
«Rispetto ruoli e competenze, ma credo che l'impegno generale sia attualmente finalizzato a contenere gli effetti della pandemia. In assoluto, al di là dello sport, certe emergenze possono far emergere criticità e stimolare riflessioni da riconsiderare in un momento successivo».
In generale, i risultati ottenuti dai nostri portacolori prima del blocco, soprattutto nelle discipline individuali, incoraggiano in vista della ripartenza.
«Prima del lockdown abbiamo scritto la storia grazie a tre fantastiche campionesse degli sport invernali, che hanno alzato al cielo la Coppa del Mondo nelle loro rispettive discipline: Michela Moioli nello snowboardcross, Dorothea Wierer nel biathlon e Federica Brignone, prima azzurra di sempre a conquistare l'ambiziosa sfera di cristallo nello sci alpino. E ci stavamo avvicinando ai Giochi di Tokyo forti di un percorso di qualificazione olimpica da record. Un buon motivo per ripartire di slancio».
Aru, Tortu, Kaddari e Patta: anche la Sardegna dà un contributo di livello allo sport italiano.
«Un poker di atleti espressione di talento e forza di volontà. Hanno i cromosomi vincenti, incarnano la voglia di emergere e la determinazione proprie dell'Isola. Parliamo di quattro protagonisti che rappresentano il presente e il futuro del movimento».
A proposito, il Coni sardo deve trovare il successore di Gianfranco Fara.
«La sua improvvisa scomparsa ci ha lasciato orfani di un grande uomo e di un dirigente illuminato. Gianfranco era un amico, amava lo sport e ha contribuito in modo appassionato alla sua promozione sul territorio, sempre con risultati egregi. Abbiamo perso un grande punto di riferimento che ci lascia in eredità un patrimonio da valorizzare».
Tornando al calcio, qual è la sua squadra del cuore?
«Sono tifoso della Roma, non l'ho mai celato. Non ho mai avuto paura di nascondere la mia fede calcistica, sempre nel massimo rispetto di tutte le altre squadre e dei loro rappresentanti e sostenitori. È un discorso di cultura sportiva: tifare non deve voler dire essere faziosi».
Come giudica la stagione del Cagliari prima dello stop?
«Una stagione strepitosa, da Champions League, fino a Natale, con una media punti che non si registrava dagli aurei anni Settanta. Poi la squadra ha smarrito qualche certezza e c'è stato un blackout culminato con l'esonero di Maran. Credo comunque vadano riconosciuti grandi meriti a Giulini, non solo per aver allestito una rosa di indiscusso spessore tecnico, ma anche per la lungimirante gestione societaria. Ho molto apprezzato pure le concrete iniziative intraprese come risposta al razzismo. Il Cagliari ha una proprietà solida ed è una bella realtà del nostro calcio, sono convinto che riuscirà a togliersi grandi soddisfazioni nel prossimo futuro. Per questo ho proposto alla Commissione benemerenze di assegnare al club rossoblù il Collare d'Oro».
La sua immagine, in Sardegna, è legata alla commovente premiazione di Gigi Riva al Sant'Elia, tre anni fa. Di quanti Gigi Riva avrebbe bisogno oggi il nostro calcio?
«Ricordo ancora le emozioni di quella fantastica serata, un tributo doveroso per un gigante del nostro mondo. È stato un onore potergli consegnare di persona il Collare d'Oro, mentre lo stadio scandiva il suo nome tra gli applausi. Di campioni e persone come lui c'è sempre bisogno. Riva non è stato solo il terminale dei sogni calcistici di un popolo e di un Paese intero, ma un dirigente che ha saputo fare la differenza anche fuori dal campo. Un esempio speciale».
Tornando a questioni più tecniche, nell'Isola, come spesso altrove, il problema è legato agli impianti. Di concerto col Governo, è stato studiato un piano d'intervento?
«Non è un aspetto attualmente sotto la giurisdizione del Coni, il Governo ha istituito alla fine del 2015 il fondo "Sport e Periferie", stanziando risorse importanti nell'ottica di rafforzare il patrimonio infrastrutturale del Paese. Il mio pensiero in merito comunque è, da sempre, lo stesso. Per promuovere la pratica sportiva occorrono impianti adeguati. Per questo, negli anni scorsi, ci eravamo impegnati iniziando un proficuo lavoro di censimento e monitoraggio delle strutture esistenti nel Paese, con l'obiettivo di avere una radiografia attendibile e sapere come e dove sarebbe stato importante intervenire».
Qual è il suo rapporto con l'Isola?
«Stupendo, è una realtà che conosco e apprezzo da sempre. Ho casa a Porto Rotondo e tanti ricordi indimenticabili legati a questo splendido luogo. L'Isola è una tappa fissa durante le mie vacanze in barca, ne visito ogni angolo rimanendo sempre estasiato dalla sua bellezza».
In passato si era vociferato di un suo possibile coinvolgimento in politica. Ha in programma, nel prossimo futuro, una discesa in campo?
«No, penso solo ed esclusivamente al futuro dello sport italiano. Sono orgoglioso della carica che ricopro e che voglio continuare a onorare a nome dei 12 milioni di tesserati che mi hanno votato e dato fiducia. E che rappresento anche a livello internazionale, in qualità di membro del Comitato olimpico internazionale».
Lei è presidente del Coni dal 2013. Si ricandiderà o preferirà dedicarsi totalmente al Cio?
«Ho deciso di ricandidarmi alla presidenza del Coni subito dopo l'assegnazione a Milano-Cortina dei Giochi Olimpici invernali del 2026. La vittoria contro la candidatura svedese ha rappresentato uno spartiacque, in caso inverso avrei fatto un passo indietro».
Lo Sport italiano (e quello sardo) sapranno superare l'emergenza legata alla pandemia?
«So quanto sia difficile e complesso questo momento, inutile negarlo. Conosco anche gli sforzi e la volontà del ministro Spadafora e del Governo di sostenere il sistema e mi auguro che si trovino le soluzioni più proficue per venirne fuori a tutti i livelli. Spero che ogni realtà possa trovare le risorse per non alzare bandiera bianca a causa dei terribili effetti della pandemia. Non è banale retorica: confido nella resilienza e nell'ostinata passione di ogni protagonista del movimento. Lo Sport ci insegna ad affrontare anche le sfide impossibili e a rialzarci dopo ogni sconfitta. Dobbiamo provare a farlo, anche stavolta».
Nella prossima stagione si tornerà alla normalità?
«Credo sia necessario procedere per gradi, senza fare fughe in avanti. Servono riscontri scientifici, valutazioni approfondite e, per il momento, la capacità di mettere in campo un nuovo modo di intendere, di vedere e vivere lo sport. Sicuramente ci impegneremo tutti, con senso di responsabilità e rigore, per contribuire a un progressivo ritorno alla normalità».
In conclusione, il suo messaggio agli sportivi sardi.
«Esprimo la mia vicinanza a chi ogni giorno si impegna a favore del nostro mondo, per promuoverne gli ideali e veicolarne l'importanza. Alle società, ai dirigenti, ai tecnici, agli atleti e ai volontari va il mio più sincero grazie. Senza il movimento di base non può esistere il vertice. Lo Sport siete voi. Perché l'avete scelto, perché ne fate un vero e proprio stile di vita».
Lorenzo Piras