Volendo, e avendo anche il tempo, se ne potrebbero visitare circa 200: dal Cagliaritano alla Nurra, dal Parteolla alla Gallura, dalla Marmilla al Meilogu. É ricchissimo il patrimonio della Sardegna rappresentato dal romanico, linguaggio artistico internazionale che dall’undicesimo secolo trova la sua espressione più alta nelle numerose chiese disseminate nella fascia costiera e nelle pianure della metà occidentale dell’Isola. Scoprire questi tesori artistici e architettonici non solo permette di entrare in contatto con la storia millenaria dell’Isola ma di vivere un territorio che, attraverso l'arte, il cibo, l’artigianato, l’ambiente, lascia a bocca aperta. "La Sardegna ha un patrimonio di grande qualità di chiese romaniche che la pone tra le più importanti regioni a livello europeo", spiega Andrea Pala, docente di Storia dell’arte medievale all’università di Cagliari e membro del direttivo dell’associazione "Amici del romanico" che con dibattiti, convegni e percorsi contribuisce a divulgare il patrimonio romanico in Sardegna.

Saccargia. La più famosa, perché inserita nei manuali di storia scolastici e perché si trova accanto alla Carlo Felice, è la Santissima Trinità di Saccargia, a Codrongianos, che appare inconfondibile con il suo alto campanile che solo a vederlo è già un’emozione. La chiesa ha una veste bicromatica, è stata realizzata con pietre calcaree bianche che si alternano a quelle vulcaniche scure, e contrasta con il verde attorno durante l’inverno e i campi ingialliti d’estate. "La chiesa è stata restaurata agli inizi del Novecento", spiega il professor Pala. "Al campanile, per esempio, è stato aggiunto almeno un ordine verso l’alto". Viene da stropicciassi gli occhi quando, una volta all'interno, si scoprono gli affreschi: il Cristo in mandorla con serafini, angeli e arcangeli, la Madonna con i santi e scene della vita di Cristo, sono un capolavoro.

San Pietro di Sorres. A Borutta, nel piccolo borgo del Meilogu, vale la pena arrivare per ammirare l’abbazia di San Pietro di Sorres, edificata dal "magister che sovrintendeva ai lavori, Maistro Mariano, che ha lasciato la firma nel gradino sottostante la porta principale", spiega ancora il professor Pala. L’unicità di questa ex cattedrale è l’aspetto architettonico. "L’edificio è coperto con volte a crociera in pietra, mentre la maggior parte degli edifici romanici hanno sulla navata centrale una copertura in legno", dice ancora il professor Pala.

Santa Maria del Regno. Arrampicata sulle pendici del Montesanto, all’ingresso di Ardara, svetta la basilica di Nostra Signora del Regno, così chiamata perché era la cappella palatina consacrata nel 1107 di Ardar, capitale del giudicato di Torres, sul cui altare i giudici prestavano giuramento o facevano offerte. Nella facciata, divisa in cinque specchi da lesene, si apre un portale arcato. Addossato al fianco nord c’è il campanile. Nell’abside c’è il Retablo maggiore: è la storia della Salvezza, raccontata da immagini di profeti, patriarchi, santi e beata Vergine.

A Tratalias, invece, fu eretta nel 1213, come testimonia l’epigrafe murata dietro l’altare maggiore, la cattedrale di Santa Maria di Monserrato che nelle sue proporzioni più snelle e il suo sviluppo in verticale già introduceva elementi dell’arte gotica imminente. La chiesa di san Pantaleo, patrono di Dolianova, centro situato nel territorio storico del Parteolla, è unica nel panorama medievale romanico della Sardegna.

San Gavino. Il tour tra le chiese romaniche dell’Isola ha una tappa obbligata: Porto Torres, dove si trova la basilica di San Gavino, la più grande in Sardegna, con un portale romanico con rappresentazioni di Adamo ed Eva, a nord, e uno gotico-catalano, a sud.
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