A un anno dalla comparsa di SarsCov2 in Europa scatta l'allarme varianti.

Il virus si sta manifestando con nuove mutazioni, più o meno preoccupanti, che emergono in diverse zone del pianeta. Un fenomeno normale e prevedibile, ancor di più per un virus a Rna come il coronavirus. Più un virus si diffonde, maggiore è la probabilità che muti. E la presenza di un'immunità parziale nella popolazione favorirà la diffusione delle varianti che non vengono riconosciute e bloccate dagli anticorpi.

La variante inglese è stata identificata a settembre nel Kent ed è stata resa nota a metà di dicembre 2020. E' identificata con la siglia B.1.1.7 e si trova ormai in tutte le Regioni italiane. Presto, sostengono gli esperti, diventerà la variante prevalente di SarsCov2 nel nostro Paese.

Rispetto al virus che abbiamo conosciuto dallo scorso febbraio ad oggi, presenta diverse mutazioni, molte delle quali interessano la proteina Spike. In particolare la mutazione N501Y rende il virus più contagioso del 50-70%.

I sintomi sono gli stessi del virus "normale", l'alta trasmissibilità della variante del Kent favorisce la diffusione tra i più giovani, che restano tuttavia poco colpiti da forme gravi della malattia.

Sulla possibilità di sviluppare una forma grave della malattia e di aumentare dunque la mortalità non c'è certezza. Ma primi studi suggeriscono che l'aggressività del virus mutato sia maggiore, perché la carica virale è più alta, quindi ci si potrebbero aspettare più casi gravi, spiega l'immunologa Antonella Viola.

Dai primi studi è emerso che tutti i vaccini autorizzati finora dall'Ema - Pfizer, Moderna e AstraZeneca - sono efficaci contro la variante inglese.

(Unioneonline/L)
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