Tra le problematiche più sentite della sanità pubblica, una posizione preminente è quella senza dubbio occupata, anche in Sardegna, dalle liste d'attesa, e più in generale dai tempi di attesa per poter usufruire di servizi e prestazioni.

La percezione comune, da parte dell’utenza, è in questo senso del tutto negativa.

Nell'acceso dibattito sul tema, di rilevanza nazionale, interviene anche l'Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia di Sassari, che entra nel merito dei provvedimenti adottati anche dall'ATS Sardegna finalizzati all'abbattimento delle liste, "con modalità che però appaiono poco convincenti e per nulla condivisibili da parte degli operatori del settore".

Il tema è emerso martedì 2 aprile nel corso di una riunione tenutasi all'Ordine dei Medici di Sassari con la partecipazione di rappresentanti dei Medici di Medicina Generale, dei Medici di Continuità Assistenziale e dei Medici specialisti ambulatoriali. Dal confronto sono emerse coralmente le diverse criticità.

"L'ATS Sardegna – spiega l’Ordine dei Medici - avrebbe affrontato il problema delle liste d'attesa riorganizzando le modalità di prenotazione delle visite attraverso il Centro Unico di Prenotazione (CUP), con l'individuazione dei codici di priorità che i medici prescrittori dovrebbero assegnare alle prestazioni richieste, con la ridistribuzione delle visite sull'intero territorio regionale; legando queste ultime ad un sistema che vede una posizione centrale degli uffici CUP, deputati allo smistamento delle richieste ed all'assegnazione delle sedi e dei tempi delle visite".

Medici in corsia (Ansa)
Medici in corsia (Ansa)
Medici in corsia (Ansa)

"L'altro caposaldo del modello ATS per ridurre le liste d'attesa – proseguono i professionisti - consisterebbe nell'identificazione di un tempario relativo alle diverse prestazioni cliniche e strumentali, sul quale basare l'assegnazione degli appuntamenti nelle varie sedi. In realtà nella configurazione di questo modello è stato solo estremamente marginale il coinvolgimento dei Medici del Territorio, che in nessun momento hanno potuto concretamente manifestare il proprio contributo, anzi si sono trovati imposto uno strumento non condiviso".

"Ma ciò che ancora di più stride – spiegano ancora -è il ruolo centrale attribuito nel contesto dei CUP a figure non sanitarie, quali gli amministrativi, deputate a decisioni che invece richiedono una specifica preparazione sanitaria (per esempio interpretazione delle priorità ed attribuzione delle stesse quando non assegnate dai medici, ma anche gestione di eventuali procedure preliminari a particolari esami, quali le preparazioni per particolari indagini radiologiche ed endoscopiche, etc). Per quanto concerne i tempari, questo approccio si basa sull'erroneo principio di una ripetitività meccanica delle prestazioni sanitarie, a dispetto sia alla comune pratica clinica (è noto che ogni paziente rappresenta un caso a parte, con peculiarità proprie in termini di manifestazioni, diagnostica, comunicazione, emotività, ecc), sia alla giurisprudenza corrente (che bandisce i tempari in ambito sanitario)".

LE CONSEGUENZE - Secondo i medici "la prima 'vittima' di questo sistema è il paziente, al quale non può essere assicurata l'erogazione di prestazioni adeguate né in fase di programmazione né in fase di realizzazione: da un lato, infatti, risulta impossibile la corretta gestione della tempistica degli appuntamenti da parte di personale amministrativo, tempistica che comunque rimane estremamente dilatata (in particolare nel Nord-Sardegna, con un preoccupante divario assistenziale rispetto al Sud); dall’altro lato rischiano di essere inadeguati i tempi delle singole prestazioni rispetto ai problemi concreti. Ma oltre alla condizione del paziente, è doveroso un richiamo anche a quella del medico, che in un siffatto modello organizzativo vede minate le proprie prerogative in termini di autonomia decisionale nel percorso diagnostico e terapeutico; né certamente dette prerogative possono essere ignorate in nome dei principi di economia sanitaria, principi che rischiano di generare pericolose aberrazioni interpretative, fino a riconoscere pericolosamente ambiti di 'sacrificabilitá' (ovvero malati o malattie sacrificabili in forza del risparmio delle risorse). Ed ancora, possono sollevarsi problematiche di natura contrattuale (i rapporti convenzionali sono regolati da un Contratto Collettivo Nazionale, non già da provvedimenti periferici delle singole aziende), medicolegali (possibili profili di responsabilità professionale per errata attribuzione dei codici di priorità secondo criteri non condivisi e non governabili), assicurativi (le clausole delle polizze sono normalmente riferite alle previsioni contrattuali, non a differenti fattispecie). Necessaria dunque, in nome della dignità della professione medica e ancor più dell'interesse del paziente, principi di cui l'Ordine dei Medici deve e vuole farsi garante, una piena condivisione dei percorsi organizzativi con la classe medica, ma anche un pieno riconoscimento del ruolo del Medico, in particolare nell'atto diagnostico e prescrittivo".

"Non è comunque prospettabile – concludono i medici - alcuna soluzione al problema delle liste d'attesa in assenza di un'adeguata valutazione del fabbisogno organico medico (e più in generale sanitario) e di un ripristino delle carenze, come peraltro dimostrato dall'esperienza maturata in altre realtà regionali (per esempio l’Emilia Romagna): l'erogazione in tempi ragionevoli delle prestazioni sanitarie richiede, indiscutibilmente, la disponibilità - quantitativa e qualitativa - di personale medico e sanitario e di strumentazione aggiornata".

(Unioneonline/v.l.)
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