La cosa curiosa, nella guerra politico-mediatico-giudiziaria dei due capitani - Carola e Matteo - è che quella che ha i gradi veri è una ragazza tedesca di trent'anni. Mentre l'altro - invece - come è noto è il ministro dell'interno. Il punto di partenza è già un incrocio pericoloso di biografie tra due traiettorie contrapposte e antitetiche.

La cosa paradossale, in questa guerra dei due capitani che si scambiano di ruolo e si combattono a suon di insulti e atti di forza, è che Matteo Salvini probabilmente perderà la battaglia della Seawatch 3 già nelle prossime ore, mentre Carola quasi certamente perderà la guerra, nelle prossime settimane.

Il leader della Lega, infatti, questa sera - o al massimo domani - dovrà subire l'esito che si proponeva di evitare ad ogni costo: lo sbarco a terra dei 43 migranti raccolti in mare dalla Sea Watch. Ma il capitano Carola pagherà un prezzo salatissimo, entrando dentro un calvario che è già cominciato con gli accertamenti delle autorità di polizia: l'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

La attende il processo, ma soprattutto, la Ong e la sua capitana subiranno la pena più grave: il sequestro della nave. Che si aggiunge, fra l'altro, al sequestro di Mediterranea, l'altra nave di una Ong che ha operato l'ultimo salvataggio e lo sbarco (Salvini l'aveva ribattezzata con sprezzo "la nave dei centri sociali"). L'intero equipaggio di Mediterranea da quel giorno è sotto inchiesta, e quello nuovo aspetta di partire ma non può, perché Mediterranea è ancorata dai magistrati.

Tuttavia Salvini non è ancora soddisfatto. E ieri ha colpito con il fulmine di un tweet al curaro Graziano Del Rio, Nicola Fratoianni e Matteo Orfini, ovvero i tre parlamentari di opposizione che sono saliti a bordo per accertarsi delle condizioni dei migranti: "Vanno arrestati", ha scritto dapprima in un tweet il ministro dell'interno.

Pochi minuti dopo questo strappo (i parlamentari hanno diritto all'accesso, per funzioni ispettive, anche nelle carceri) Salvini ha ritrattato, passando al registro ironico: "Gli auguro buona gita".

Una parola dal sen fuggita o una strategia?

Difficile immaginare un errore di comunicazione della sofisticata macchina mediatica messa in piedi dal fido Luca Morisi, la famigerata "Bestia". Molto più probabile, invece, che Salvini abbia scelto volontariamente la strada della drammatizzazione. Il fronte degli sbarchi, così, diventa una sorta di dinamo emotiva, utile per ricaricare le pile del consenso.

Un'arma finale, che fa scomparire tutti gli altri temi spinosi lasciati sul tavolo e non ancora risolti: andare o meno ad elezioni anticipate, chiudere la partita delle Autonomie (rallentata da una clamorosa intervista del grillino Buffagni, uomo forte della squadra: "Sfavorisce le regioni del Sud"), come posizionarsi nella guerra dell'Ilva (il Sole, in un editoriale lo ha invitato a far cadere il governo su questo tema e formare una maggioranza proprio sul tema dell'acciaio).

Come e perché il governo tiene? Mentre lo intervistavo nel suo ufficio seduto su una bella poltrona Chesterfield nera, il ministro dei rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro mi ha fatto questo ragionamento: «Sa perché non si va al voto anticipato?». Suspence. Sorriso: «Perché Lega e M5s non sono due forze tradizionali. Se il governo doveva cadere era già a terra un minuto dopo il voto. Se Salvini avesse voluto davvero staccare la spina, semplicemente lo avrebbe già fatto». Chiedo a Fraccaro: «E perché secondo lei non cade?». Lui mi risponde: «Perché entrambi dobbiamo raccogliere i frutti di quello che abbiamo seminato».

Più chiaro di così si muore. La Lega aspetta le dichiarazioni dei redditi perché il milione di partite Iva ritoccate dalla cosiddetta mini-Flat Tax diventino testimonial volontari della nuova riduzione proposta per la manovra. E che Quota 100 arrivi al suo massimo tiraggio. Il M5s attende che le card gialle del Reddito diventino attive e familiari a tutti: anche perché le domande non si sono ancora fermate.

Il terzo pezzo di mosaico di questa complicata partita estiva, ovviamente è la riunione di Ecofin della prossima settimana. Solo lì si gireranno le carte, solo lì sapremo se la possibile procedura di infrazione di Bruxelles sarà una guerra lampo o - come pensano molti - una battaglia di posizione.

Ecco perché Salvini combatte con Carola, con le Ong e con i parlamentari di opposizione: ricaricare le pile del consenso in una guerra che può vincere, in attesa dello scontro finale in quella che non può permettersi di perdere.

LUCA TELESE

GIORNALISTA E AUTORE TELEVISIVO
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