"Grazie, grazie presidente, grazie".

Che volto, che sorriso, che sguardo sfoderava Sandro Bondi quel lontano, lontanissimo 8 maggio del 2008, giorno in cui il quarto governo Berlusconi giurava nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Era la quintessenza della gratitudine.

E come biasimarlo: c'era effettivamente di che ringraziare Silvio Berlusconi, che piazzandolo al dicastero della Cultura, era come l'oggetto del desiderio che, tanto amato ma altrettanto capriccioso, alla fine decide di elargire al devoto servitore una ricompensa.

Il giorno del giuramento nel 2008 (Ansa)
Il giorno del giuramento nel 2008 (Ansa)
Il giorno del giuramento nel 2008 (Ansa)

Bondi, calvizie incipiente, carnagione chiara e pelle un po' flaccida, era all'epoca nel pieno della sua folgorazione sulla via di Damasco. Una devozione totale, completa, inginocchiata, nei confronti dell'uomo che lo aveva "convertito" dal comunismo al forzismo, permettendogli così di "riscattare" il suo passato.

Sì, perché proprio da quel mondo arrivava il portavoce di Forza Italia.

L'INFANZIA COMUNISTA - Nato a Fivizzano, nella provincia di Massa-Carrara, figlio unico di un operaio di idee socialiste, è stato il padre Renzo ad avvicinarlo al mondo della sinistra. Un mondo in cui il giovane Sandro si sentiva completamente a proprio agio, tanto da entrare nella Federazione Giovanile Comunista Italiana e poi con il Pci venire eletto sindaco della sua città, Fivizzano. La sua Giunta finisce male e cade con un colpo di mano dei socialisti e della Dc, e Sandro abbandona per sempre il comunismo.

Con Silvio Berlusconi (Ansa)
Con Silvio Berlusconi (Ansa)
Con Silvio Berlusconi (Ansa)

L'incontro con Silvio Berlusconi, che cambia la sua vita, arriva nel 1994, non un'annata qualsiasi. Bondi conosce B. tramite lo scultore Pietro Cascella, che ad Arcore lavora per la cappella funeraria di Villa Berlusconi. Il Cavaliere lo accoglie con favore nel suo harem. E lui, in quell'harem, ci sguazza.

"Un po' Don Abbondio, un po' Boldi", ome lo definisce Vittorio Sgarbi, Sandro Bondi diventa il cerimoniere di Palazzo Grazioli. Oltre che, naturalmente, deputato della Repubblica italiana e poi portavoce di Forza Italia e poi ministro dei Beni culturali.

In Forza Italia (Ansa)
In Forza Italia (Ansa)
In Forza Italia (Ansa)

LA FASE ELEGIACA - Sono gli anni della massima ispirazione poetica per Bondi, cui Vanity Fair regala (non si capisce con quale fine, se di scherno o di vero apprezzamento) uno spazio per pubblicare le sue odi a Maria Vittoria Brambilla (Ignara bellezza/Rubata sensualità), a Stefania Prestigiacomo (Luna indifferente/Materna sensualità), a Giuliano Ferrara (Antro d’amore/Rombo di luce). E tra i destinatari c'è anche un cagnolino, Speedy (Dolente rassegnazione/Maestro di vita).

E naturalmente a Lui: "Vita vitale/Vita ritrovata/Vita splendente".

Quando Silvio, prima delle elezioni del 2001, gli affida il delicatissimo compito di redigere "Una storia italiana", opuscolo propagandistico che arriva nella posta di milioni di italiani, Bondi assolve diligentemente il compito, assicurandosi che il volto del Cavaliere resti ancora più impresso nella memoria degli italiani (come se ce ne fosse bisogno!) con oltre 200 fotografie (su 128 pagine).

E come dimenticare il Bondi agiografo, quello che in un libro - edito da Mondadori (non a caso) - aveva paragonato le qualità imprenditoriali di Berlusconi al genio di Adriano Olivetti. E questo azzardo è anche il meno, visto che, a giudicare da quanto abbondano termini come "Pentecoste", "Credo" e "apostoli", il punto di riferimento sembra ancora più elevato.

Durante il famoso litigio con Fini: "Che fai, mi cacci?" (Ansa)
Durante il famoso litigio con Fini: "Che fai, mi cacci?" (Ansa)
Durante il famoso litigio con Fini: "Che fai, mi cacci?" (Ansa)

LA FINE DELL'AMORE - Ma anche gli amori più intensi sono spesso destinati a finire. Dopo essere diventato coordinare nazionale del Popolo della Libertà, nel 2011, con la sconfitta alle elezioni (il vento comincia a cambiare), Bondi tampina Berlusconi e il segretario del partito, il "delfino" Angelino Alfano, chiedendo di accettare le sue dimissioni. Sempre respinte.

Ma la rottura, il tradimento vero, arriva nel 2014: il 23 aprile, alla Stampa, invia una lettera annunciando che il progetto di Forza Italia è fallito. E, ormai nel vortice dell'adulterio politico, che "bisogna sostenere il governo di Matteo Renzi".

Le dimissioni, a quel punto, vengono immediatamente accolte.

Segue un periodo confuso in cui, assieme alla compagna, la collega onorevole Manuela Repetti, approda al Gruppo Misto, poi veloce passaggio ad Ala di Denis Verdini, poi di nuovo Gruppo Misto. Poi l'oblìo. Non prima di essersi vendicato.

Con la compagna Manuela Repetti ai tempi del passaggio al Gruppo Misto (Ansa)
Con la compagna Manuela Repetti ai tempi del passaggio al Gruppo Misto (Ansa)
Con la compagna Manuela Repetti ai tempi del passaggio al Gruppo Misto (Ansa)

IL PENTIMENTO - Choc, negazione, tristezza, colpa, rabbia. Bondi ha affrontato proprio tutte le fasi dell'elaborazione del divorzio da Berlusconi. Le ultime affidate ai giornali, cui il fido Sandro (diventato "lo sfigato" per Silvio) gliene ha dette di tutti i colori. È come "il Conte Ugolino", dice a Repubblica nel 2015, "che nella Divina Commedia divora il cranio dei suoi figli". E ancora: "Ci lasciava giocare con la politica e con le idee, fino a che non toccavamo la sostanza dei suoi interessi e del suo potere". Al Fatto Quotidiano: "Sono stato un cortigiano, ecco la parola esatta. Quando ho avuto il potere l'ho esercitato nel modo che oggi dico peggiore, fidandomi di un convincimento: lui è una persona perbene. Non dovevo farlo".

Oggi forse per Bondi, che è finito nell'abisso della non ricandidatura e con la compagna, anche lei ormai fuori dalla politica, vive sereno a Novi Ligure, è finalmente arrivata l'ultimissima fase: l'accettazione. E una legittima richiesta: "Voglio essere dimenticato".

Angelica D'Errico

(Unioneonline)

CHE FINE HANNO FATTO? GLI ALTRI ECLISSATI
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