Papa Francesco, oltre all'arcivescovo di Melbourne Peter Comensoli e la stessa arcidiocesi di Melbourne sono citati in giudizio davanti alla Corte Suprema dello stato di Victoria da tre uomini aborigeni che da bambini subirono presunti abusi sessuali dal prete Michael Glennon.

Questi sostengono che il Vaticano fosse a conoscenza dei reati commessi contro i minori, ma non l'abbia spretato, anche dopo la sua condanna a due anni di carcere nel 1978 per abusi e violenze sessuali commessi su 15 minori.

Si tratta del primo caso conosciuto in Australia in cui vittime di abusi commessi dal clero chiamino a rispondere il Pontefice per il mancato intervento della Chiesa in azioni decisive contro i predatori pedofili. Se il caso avesse successo, sarebbe la prima volta che un tribunale australiano punisce la Chiesa, come giudizio distinto dall'obbligo di risarcire le vittime.

I tre querelanti, di cui non sono state rese note le generalità, affermano di aver subito, a causa degli abusi, impatti significativi che hanno ancora delle conseguenze come la tossicodipendenza, il rimanere senza tetto e senza lavoro. E chiedono risarcimenti e danni punitivi.

Il loro avvocato, Angela Sdrinis, è in attesa che i rappresentanti della Santa Sede in Australia accettino la notifica del mandato per conto del Pontefice. "Si tratta di fare in modo che il Papa e il Vaticano accettino le proprie responsabilità", ha detto. "Quale possibile scusa possono avanzare per non aver riportato Glennon allo stato laico?" chiede il legale che aggiunge che l'arcidiocesi di Melbourne aveva ritirato le facoltà di sacerdote dopo la condanna nel 1978, ma solo il Vaticano avrebbe avuto il potere di laicizzarlo.

(Unioneonline/F)
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