Quanto gli agenti Steven Spiro e Peter Cullen arrivarono sul luogo del delitto, alle 22,55 dell'8 dicembre del 1980, aveva in mano "Il giovane Holden", sembrava sereno e appagato. Fu Jay Hastings, il consierge del Dakota building, il palazzo di Manhattan dove abitavano John Lennon e Yoko Ono, a dire ai due poliziotti che era stato lui, poco prima, a sparare cinque colpi di pistola (una Charter arms 38 special) contro l'ex Beatle, uno dei quali gli aveva reciso l'aorta. E quando Josè Perdomo, custode del palazzo, appena giunto sulla scena del delitto gli urlò "Lo sai che cosa hai fatto?" lui, serafico, gli rispose: "Ho ucciso John Lennon". Del resto Mark David Chapman, venticinquenne guardia giurata, ex tossicodipendente con seri problemi mentali, sapeva da tempo che lo doveva fare per conquistare una notorietà eterna. La strada gliel'aveva tracciata proprio il capolavoro di J.D Salinger che pochi anni prima aveva illuminato all'improvviso una vita da paranoico frustrato.

Padre assente, asociale e senza amici, si sentiva una nullità incapace di dare una direzione alla sua vita che passava tra lavoro, biblioteche (gli piacevano l'ordine e l'odore dei libri) giri in auto senza una direzione e telefonate anonime con minacce di morte a tutti coloro che considerava feccia, in primis i gay. Solo Gloria Hiroko Abe, un'americana di origini giapponesi, gli stava accanto, nonostante i suoi accessi d'ira e le sue frequenti manie omicide. E infatti lo sposò.

Fu il giovane Holden Caulfield, si diceva, a dargli uno scopo, un'identità. In particolare la delusione nei confronti del mondo degli adulti pieno di ipocrisia. E così gli ipocriti diventarono il bersaglio di Chapman. Ipocriti e famosi come John Lennon che in "Imagine" predica un mondo senza avidità e senza proprietà e invece possiede appartamenti, ville, fattorie, yacht. Per questo l'ex Beatle diventò il centro della sua vita, del suo odio, la sua ossessione. Doveva ucciderlo per punire i falsi e diventare qualcuno. A metà novembre acquistò la pistola e comunicò la sua intenzione a sua moglie. "Vado a uccidere John Lennon", le disse. Prese l'aereo dalla sua città, Honolulu, alle Hawaii, e percorse 8mila chilometri per arrivare a New York. Alloggiò al Waldorf Astoria, studiò il Dakota building e i dintorni, conobbe il consierge al quale chiese informazioni sulle abitudini della vittima designata. Ma sul proposito omicida, all'ultimo momento cambiò idea. Tornò a casa e per qualche giorno non pensò più al delitto. Ma fu una parentesi. Il pensiero ricominciò a frullargli nella testa ogni minuto. L'ex Beatle abitava ogni angolo dei suoi pensieri malati sino a diventare irresistibile. Il 5 dicembre ripartì per New York e ogni giorno andò sotto il Dakota building. L'8 dicembre decise che non poteva più aspettare. Raggiunse il palazzo dove un gruppo di fan che, come ogni giorno, aspettava che Lennon uscisse dal suo appartamento per chiedergli un autografo. Successe nel pomeriggio perché per tutta la giornata i coniugi erano rimasti in casa con Annie Leibovitz che dove a realizzare una foto per la copertina di Rolling Stone. La foto di loro due abbracciati, John nudo, Yoko vestita di nero" che resterà storica, non solo perché l'ultima. Quando John e Yoko, alle 17,30, varcarono il portone di casa riuscì ad avvicinarlo e a porgergli una copia di "Double fantasy". "Is this all you want?" ("È questo tutto quello che vuoi?"), gli chiese Lennon. Chapman sorrise ed annuì ed ebbe l'autografo. Quel momento, a posteriori rivelatore e drammatico, fu immortalato in un celebre scatto dal fotografo Paul Goresh.

Poi John e Yoko salirono sulla Limousine che li portò verso i loro impegni. Chapman rimase sotto il palazzo ad attendere il loro rientro per tutta la giornata, nel corso della quale ebbe modo di salutare Sean, il piccolo Lennon che allora aveva cinque anni e rincasava con la tata.

L'auto ricomparve davanti al civico 1 di West 72nd Street alle 22,50. Non entrò, come faceva di solito, nel cortile interno perché i coniugi avevano deciso di cenare allo "Stage Deli" ma John voleva prima dare il bacio della buonanotte a Sean. Mark David Chapman era seminascosto dietro un pilastro e quando Lennon scese dall'auto si inginocchiò per prendere la mira e sparò. Poi si tolse il cappotto e attese con il libro in mano. John fece pochi passi verso l'ingresso dell'edificio, il sangue gli usciva copioso dalla bocca. Prima di perdere coscienza per sempre riuscì a dire: "I was shot, i was shot" ("Mi hanno sparato, mi hanno sparato"). Furono le sue ultime parole.

A Spiro e Cullen, che lo ammanettarono, Chapman non disse nulla.

Nel frattempo arrivarono altri due agenti, Herb Frauenberger e Tony Palma, che trovarono Lennon steso a faccia in giù ai piedi della scalinata della reception. Decisero di non aspettare l'arrivo di un'ambulanza e di caricare Lennon in auto per portarlo al St. Luke's-Roosevelt Hospital Center dove giunse alle 23.07. Tredici minuti dopo, alle 23,15, venne dichiarato morto. L'autopsia chiarì che aveva perso l'80% del sangue.

Per volontà di Yoko Ono non venne mai celebrato un funerale. "Non c'è funerale per John. John amava e pregava per la razza umana. Per favore fate lo stesso per lui. Con amore, Yoko e Sean". Il 14 dicembre milioni di persone in tutto il mondo fecero ciò che aveva chiesto: piansero il mito.

Chapman fu incarcerato, processato con l'accusa di omicidio di secondo grado e condannato a una pena da vent'anni all'ergastolo. Prima che i giudici pronunciassero la sentenza chiese di fare una dichiarazione spontanea e lesse un passaggio del "Giovane Holden". La legge statunitense prevede che dopo vent'anni, se sussistono le condizioni, possa ottenere la libertà vigilata ogni due anni. Ma ogni sua richiesta - ne ha presentato 11 scrivendo ai giudici - è sempre stata respinta.

Uno dei giudici motivò così il suo diniego. "Lei ha ammesso di aver attentamente pianificato l'omicidio di una celebrità mondiale al solo scopo di guadagnarsi la fama", ha spiegato il giudice per la libertà vigilata, motivando le ragioni per cui Chapman dovrà restare rinchiuso al Wende Correctional Facility, carcere di massima sicurezza dello Stato di New York.

"Nonostante non sia possibile valutare il valore di una vita umana rispetto a un'altra, il fatto che lei abbia scelto qualcuno non solo per il fatto di essere conosciuto a livello mondiale e amata da milioni, senza pensare al dolore che lei avrebbe causato alla famiglia, agli amici e a tantissimi altri, dimostra la scarsa considerazione in cui tiene la santità della vita umana e il dolore e la sofferenza degli altri".

Ma c'è un'altra ragione per cui ciascuna delle 11 richieste dell'ormai sessantacinquenne Chapman, uno degli uomini più odiati della storia, è stata respinta: l'irremovibile parere contrario di Yoko Ono, oggi ottantasettenne e malata ma incapace di perdonare. L'ultimo no è stato pochi giorni fa. Chapman resterà in carcere a New York. Potrà inoltrare una nuova richiesta tra due anni. E se Yoko sarà ancora in vita gli dirà ancora no.

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