Giuseppe Piccolomo, il "killer delle mani mozzate", non sarà processato per la seconda volta per l'omicidio della prima moglie. Lo ha deciso oggi la Corte d'Appello di Milano, accogliendo la richiesta del suo avvocato difensore Stefano Bruno, e cancellando di colpo la sentenza che lo vedeva condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Varese.

L'avvocato ha sostenuto il principio del "Ne bis in idem", ovvero il principio giuridico secondo il quale una persona non può essere giudicata due volte. E questo perché Piccolomo, già condannato all'ergastolo per l'omicidio di Carla Molinari, pensionata uccisa nel 2009 e alla quale amputò entrambe le mani, era a processo con l'accusa di aver simulato l'incidente nel quale perse la vita la prima moglie Marisa Maldera, nel 2003, vicenda per la quale aveva però già patteggiato in passato una condanna in Tribunale a Varese a un anno e quattro mesi per omicidio colposo. Le figlie della coppia non avevano mai creduto alla versione dell'incidente, e dopo l'omicidio della pensionata nel 2009 avevano chiesto una riapertura del caso, ritenendo che anche nel caso della madre non si trattasse di omicidio colposo bensì di omicidio volontario.

La donna era morta bruciata viva nella sua auto uscita di strada dopo un incidente, mentre Piccolomo, che era alla guida, era uscito dall'auto illeso. Secondo l’accusa, Piccolomo avrebbe provocato l’incidente e le fiamme per liberarsi della moglie, spinto sia da ragioni di assicurazioni sulla vita sia da motivi sentimentali, dopo essersi invaghito di una giovane lavapiatti del ristorante di famiglia.

"Una vittoria del diritto, a prescindere dalla vicenda storica e dai suoi protagonisti", il commento oggi del diofensore Stefano Bruno. Le figlie di Piccolomo, che si definiscono "sconcertate e incredule", hanno invece già annunciato di essere pronte al ricorso in cassazione.

"Una sentenza tecnica – il commento di Antonio Cozza, parte civile per Tina e Cinzia Piccolomo insieme al collega Nicodemo Gentile – e che non entra nel merito dell’accaduto. Sorprende perché tre giudici, ovvero il gip, il gup e la Corte d’Assise del Tribunale di Varese, avevano tutti rigettato l’eccezione oggi riproposta. Noi crediamo non si tratti dello stesso reato. Si tratta della morte della stessa persona: ma in un caso si parla di omicidio colposo, nell’altro di omicidio volontario. Due reati molto diversi".

(Unioneonline/v.l.)
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