Un nuovo processo d'Appello per l'omicidio di Marco Vannini. Lo hanno deciso i giudici della prima sezione penale della Cassazione, che hanno accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale, che al termine della requisitoria aveva chiesto di annullare con rinvio la sentenza d'appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell'omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Marco, ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli.

La sentenza è stata accolta dalle lacrime di gioia e dagli applausi di familiari e amici di Marco, che si sono riversati in massa dentro e fuori dall'aula in attesa del pronunciamento. Fuori dal Tribunale, dove si erano radunati alcuni manifestanti, ci sono stati anche dei cori.

La madre di Marco Vannini è stata colta da un leggero malore dopo la lettura della sentenza: soccorsa dalle forze dell'ordine e dai familiari, è stata portata in una stanza riservata.

Mamma Marina poi si è ripresa e ha rilasciato alcune dichiarazioni: "Non ci speravo più, non ci posso ancora credere, sono molto felice. Questa sera posso dire che la giustizia esiste e vado a testa alta. Ora Marco ha riconquistato rispetto e avrà giustizia. Hanno capito che non si può morire a vent'anni. La verità non la sapremo mai ma ringrazio tutte le persone che ci sono state vicine".

"Abbiamo perso tante battaglie, ma quella più importante l'abbiamo vinta", ha affermato invece Valerio Vannini, papà di Marco.

Ad Antonio Ciontoli, condannato a 14 anni in primo grado, era stata ridotta la pena a cinque anni in secondo grado. L'omicidio era stato derubricato da volontario a colposo dai giudici d'appello. I suoi tre familiari - la moglie Maria Pezzillo, i figli Federico e Martina, quest'ultima fidanzata di Vannini - erano stati invece condannati a tre anni sia in primo grado che in appello.

LA REQUISITORIA - Di vicenda "gravissima e disumana" aveva parlato nella requisitoria il pg della Cassazione Elisabetta Ceniccola, chiedendo di annullare le condanne ritenute troppo blande nei confronti della famiglia Ciontoli e di rifare il processo d'appello.

"Si tratta di omicidio volontario, non colposo", aveva rimarcato il pg, dicendo che "Marco Vannini non è morto per un colpo d'arma da fuoco, ma per un ritardo di 110 minuti nei soccorsi da parte della famiglia Ciontoli".

"Per ben 110 minuti - l'attacco - hanno mantenuto una condotta reticente e omissiva parlando al telefono con gli operatori del soccorso".

Ancora: "Antonio Ciontoli ha ottenuto l'adesione di tutta la sua famiglia per evitare effetti dannosi sul suo lavoro dopo aver sparato un colpo di pistola a Marco Vannini, fidanzato di sua figlia, nell'abitazione di Ladispoli il 18 maggio 2015. Lui e i suoi familiari, la moglie e i due figli, erano in grado di capire che un proiettile lasciato in un corpo umano lo avrebbe portato alla morte".

Poi è intervenuto anche Franco Coppi, legale di parte civile dei familiari di Marco: "Ciontoli - ha detto - ha seguito passo per passo l'agonia di Vannini, pensando solo a salvare il suo posto di lavoro. La morte del ragazzo avrebbe portato via l'unico testimone di quello che è successo nell'abitazione di Ladispoli".

"Vannini - ha ricordato - è stato colpito da un'arma micidiale, lo sparo gli ha trapassato cuore e polmone, e una costola, e si è fermato sotto i muscoli del petto. Il cuore di Marco ha continuato a pompare sangue fino alla fine, si sarebbe salvato se lo avessero soccorso, come ha riconosciuto con onestà lo stesso consulente della difesa".

(Unioneonline/L)
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