Gli aveva sferrato una coltellata tra le costole. E il suo compagno, Giuseppe Marcon, 65 anni, quel 2 settembre 2018 a Nichelino, in provincia di Torino, era morto in poco tempo.

Lei, Silvia Rossetto, cinquantenne, ha sempre sostenuto di essersi difesa da un'aggressione. Ha sempre detto che l'uomo aveva bevuto e la stava picchiando.

Tesi accolta dal gup, che oggi l'ha assolta: "Il fatto non costituisce reato", ha sancito il giudice per l'udienza preliminare.

"Per noi fu un caso di legittima difesa da un'aggressione in piena regola - commenta l'avvocato difensore, Sergio Bersano - anche se, naturalmente, per conoscere le opinioni del giudice dovremo leggere le motivazioni della sentenza".

La pubblica accusa aveva chiesto 9 anni e 4 mesi al termine di un rito abbreviato: per il pm Enzo Bucarelli era stato omicidio volontario puro e semplice senza nemmeno l'attenuante della provocazione.

Con l'assoluzione è arrivata anche la scarcerazione, dopo quasi un anno e mezzo di custodia cautelare.

Marcon e Rossetto si erano conosciuti nella struttura di recupero per persone con disagio mentale che frequentavano. Poi erano andati a vivere insieme. Ma già prima del delitto una psichiatra aveva segnalato alla procura - che avviò una pratica - l'esistenza di possibili episodi di maltrattamento da parte dell'uomo.

Quella sera di settembre Giuseppe, ha raccontato la Rossetto, a un certo punto la afferrò per la gola e brandì un coltello: "Io ho preso il primo oggetto che ho trovato nel cassetto aperto e per sfuggire alla presa mi sono voltata. L'ho colpito così, senza nemmeno rendermene conto".

Una serie di accertamenti specifici ha permesso di accertare la veridicità di questa versione: "Il processo - ha detto l'avvocato Bersano - è stato gestito dal giudice in modo esemplare. Gli accertamenti tecnici hanno permesso di chiarire la dinamica dei fatti".

(Unioneonline/D)
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