"Dovete portare in prigione mio padre, la sera beve la birra e ci picchia, e mamma deve chiamare i carabinieri".

Lo ha detto a un agente di polizia la sorellina di Giuseppe, il bimbo di sette anni ucciso di botte dal papà lo scorso 27 gennaio a Cardito (Napoli).

Un grido d'aiuto giunto troppo tardi. Lo ha riferito uno dei poliziotti intervenuti nell'ospedale Santobono di Napoli, testimone oggi in tribunale nel processo a carico di Tony Essobti Badre e Valentina Casa, patrigno e madre del piccolo ucciso.

Dopo l'omicidio del fratello, la bimba è stata portata lì. Mentre stava disegnando, nel reparto in cui era ricoverata e dove deve essere sottoposta a un intervento per suturare una parte dell'orecchio parzialmente staccata per le botte subite, ha detto queste parole al poliziotto.

L'agente ha anche parlato delle condizioni in cui era la bimba. Una scena che ha definito "raccapricciante". "Era totalmente sfigurata dalle botte, aveva lividi dappertutto e faceva fatica anche a vedere, aveva gli occhi gonfi e per guardare doveva aprirsi le palpebre con le manine".

Oggi ha testimoniato anche una vicina di casa della famiglia. Quando sono intervenuti i sanitari del 118 nel giorno in cui è stato ucciso Giuseppe, la donna ha visto la bambina: "Mi sembrava un mostro, era irriconoscibile, non pensavo che una persona potesse arrivare a tanto". Ancora: "Quando l'ho vista ho pensato a mio figlio che ha otto anni. Mi fa male solo ricordare quelle immagini, aveva i capelli strappati dietro la nuca".

La donna ha inoltre confermato quanto riferito agli investigatori nell'immediatezza dei fatti: "Quella era la casa degli orrori: lui (Badre, ndr) che urlava sempre tantissimo e diceva parolacce. Quando vedevo i bambini andare a scuola avevano sempre gli occhi bassi, sembravano impauriti". Quanto al giorno dell'omicidio, "non ho sentito urlare e non mi è stato chiesto aiuto".

Badre, patrigno del bimbo ucciso, è accusato dell'omicidio di Giuseppe, del tentato omicidio della sorella e di maltrattamenti. Valentina Casa è invece accusata di comportamento omissivo.

Le accuse a Valentina sono dovute al fatto che Giuseppe poteva essere salvato, nonostante il brutale pestaggio. Ma la donna non ha chiamato tempestivamente i soccorsi: "Ero in una sorta di trance emotiva, come bloccata", aveva raccontato. C'è un buco, fatale, di due o tre ore tra le botte e la chiamata al 118, che non è stata effettuata da Valentina, ma dal fratello di Badre, giunto sul posto insieme alla madre dell'uomo.

(Unioneonline/L)
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