Quando i loro sguardi si sono incrociati, erano seduti a tavoli diversi. Da una parte lui, dall'altra lei, timidi e impacciati. Poi Massimo Melas, 52 anni, ha deciso di fare il primo passo: l'invito a bere un caffè e di lì a poco Maria Paola Stocchino, sua coetanea, è "capitolata".

L'AMORE - È nata nella mensa del viandante gestita dai vincenziani in via Montenegro, la storia d'amore tra due commensali che hanno deciso di unire le loro vite. Due cuori senza però una capanna dove poter vivere insieme, senza un tetto da dividere, alle prese con le difficoltà di un'esistenza ai margini.

IL COLPO DI FULMINE - Lei e lui che, nonostante la povertà, hanno deciso di percorrere insieme un tratto di strada, perché a volte l'amore è più forte di ogni cosa. "Perché mi sono innamorata di lui?", dice Stocchino, "che domande, perché è bello non lo vede?". E, di fianco, lui non si schernisce: "Ha ragione, che devo dire. Per l'età che ho, sono un bell'uomo".

LE DIFFICOLTA - A unirli è una vita di dolore. Melas, soltanto quattro anni fa che sembrano un secolo, aveva un lavoro stabile in un'impresa edile. Poi è arrivata la crisi, l'azienda ha dovuto licenziare e lui si è trovato senza più niente. "Da allora purtroppo non sono più riuscito a trovare un impiego", dice, "ho provato anche ad andare nella penisola: prima Torino, poi Milano ma, a parte qualche lavoretto saltuario, non c'era nulla e così sono tornato". Ma anche qui l'impiego fisso non c'è: "Ogni tanto capita di fare qualcosina, ma di certo non mi basta per vivere. Infatti sono costretto a venire alla mensa a pranzo".

LA STORIA - L'esistenza della donna è stata ancora più difficile: "Anche io non lavoro, ho una pensione di poco più di 200 euro per invalidità" racconta, "prima quando vivevo con il mio ex compagno diciamo che avevamo una stabilità economica, poi mi sono ritrovata sola". Sola e senza nemmeno un tetto sotto cui vivere: "Ho fatto anche la barbona", rivela la donna, "vivevo in una casa popolare che mi era stata regolarmente assegnata ma quando ero ricoverata in ospedale me l'hanno occupata. Così mi sono ritrovata costretta a vivere in macchina o in tenda vicino al Comune di Cagliari". Paura però mai: "Ci avevo fatto l'abitudine e poi di che cosa avrei dovuto avere timore? Se si fosse avvicinato, qualcuno mi sarei difesa". Sembra incredibile ma nemmeno la solitudine si faceva sentire: "Soprattutto quando stavamo in tenda a Cagliari", aggiunge la donna, "c'erano tante altre persone costrette come me a stare in strada ed eravamo diventati come una famiglia".

LA SCINTILLA - Seduti fianco a fianco, i due si tengono per mano e si scambiano sguardi affettuosi: "Ho trovato una donna forte, con un grande carattere", dice Melas, "una che non si fa buttare giù dalle difficoltà nonostante tutto quello che ha passato. All'inizio ero un po' intimorito a farmi avanti, poi però mi sono avvicinato e l'ho invitata a prendere un caffè. Da lì piano piano abbiamo iniziati a uscire con frequenza e ci siamo innamorati".

LA MENSA - L'amore dura ormai da oltre un anno: "Perché qui alla mensa del viandante", dicono, "non si viene solo per mangiare ma anche per farsi compagnia, per sentirsi meno soli, per scambiare quattro chiacchiere con chi divide le tue stesse esperienze. E poi, se si è fortunati come noi, si può trovare anche l'amore". E adesso i due sognano di poter andare a vivere insieme: "Se trovassi un lavoro" dice lui, "potremmo stare insieme. Io cerco sempre ma purtroppo, soprattutto alla mia età, non è affatto facile. Speriamo soltanto che le cose possano andare meglio".

I PASTI - La mensa del viandante, che un tempo era ospitata in via Dante, è stata aperta nel 2003. Quattro volte a settimana, il martedì, giovedì, sabato e domenica, arrivano in più di cinquanta per consumare un pasto caldo, soprattutto uomini che hanno perso il lavoro ma anche donne, magari divorziate che sono rimaste persino senza un tetto sotto cui vivere. Il presidente Marco Pilleri e gli altri vincenziani accolgono tutti puntuali a mezzo giorno: si comincia con la preghiera e poi tutti a tavola a consumare il pasto.

Giorgia Daga

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