La scuola dei piccoli mamuthones è aperta la gran parte dell'anno. A Mamoiada - centro della Barbagia risorto da un passato di cronaca nera anche grazie al fascino e alla fortuna di un Carnevale che ha ribaltato l'immagine del paese - prima che un bambino entri all'asilo si sa già se "è nato" mamuthone o issohadore, e qui è inutile aggiungere che il sogno di tutti i genitori è vedere sfilare il proprio figlio con indosso la maschera arcigna, le pelli di pecora e i campanacci. I mamuthones sono l'aristocrazia della maschera e non a caso le figure più leggendarie - da Costantinu Atzeni a Raffaele Muggittu, da Badore Lepore a Pauleddu Mercuriu - vengono rievocate, ricordate e studiate da ogni generazione di allievi, e la cadenza del loro passo di danza richiamata a modello da imitare. I bambini frequentano la scuola a partire dai 3, 4 anni fino alle porte dell'adolescenza. "I tredicenni sono già troppo alti per stare tra i piccoli ma ancora poco robusti per reggere il peso dei campanacci ed essere ammessi tra gli adulti. Per circa due anni entrano quindi in una fase di transizione, ma per non farceli scappare li coinvolgiamo nel lavoro di gruppo, magari li impegniamo come issohadores, insegniamo loro ad accompagnare e guidare la comitiva durante la sfilata". Francesco Zanzu, 39 anni, è il responsabile della scuola dei bambini dentro il gruppo della Proloco che, con l'associazione Atzeni - altro sodalizio delle maschere antiche - porta avanti una tradizione oramai conosciuta in tutto il mondo anche grazie alle tournée nella Penisola e all'estero, non solo dunque per via dei turisti che arrivano in paese a Sant'Antonio (giorno della prima uscita dei Mamuthones), a Carnevale, e poi tutto l'anno per ammirare il museo delle Maschere mediterranee con le sue sale multimediali e il fascino delle tradizioni carnascialesche. Lezioni di danza (così viene definito l'incedere dei mamuthones) e di vestizione. I bambini frequentano la scuola ogni mercoledì, un'ora e poco più, nella sede della Proloco (il presidente dell'associazione è Raffaele Bindinelli). Col maestro Francesco Zanzu, issohadore, ci sono Luigi e Mauro Gungui, 51 e 40 anni, che non sono fratelli ma sono entrambi mamuthones. "Di tanto in tanto chiamiamo anche Vito Sale e Tonino Dessolis, quest'ultimo capogruppo degli adulti - racconta Zanzu -. Sono più anziani di noi, ed è bello vedere l'emozione dei bambini e l'attenzione che ci mettono nell'imparare il passo dai maestri di più grande esperienza". Oggi non è più come una volta, e meno male. Il passo di danza dei mamuthones s'impara a scuola, anni e anni di lezioni per incedere a un ritmo incongruamente leggiadro con indosso le pelli di pecora e trenta chili di campanacci. Un tempo non era così. Un tempo non c'erano lezioni e bisognava passare invece sotto l'inappellabile giudizio dei grandi. A Mamoiada chi ha più di 50 anni ha conosciuto il maestro più severo: Costantino Atzeni, l'uomo che aveva danzato fino a 71 anni e che di sé diceva: "Sono stato tagliato per essere un mamuthone". Fino a poco prima della morte, nel maggio del '79, era lui il giudice supremo, l'unico che poteva valutare il talento o la goffaggine dei pulcini. "Aonza", mettiti al passo, urlava durante le terribili prove d'esame, osservando i ragazzi col carico di campane in spalla. Tun, tun, tun. Una sola prova d'appello: era condannato chi sbagliava il passo due volte. "Torradiche a domo tua"; torna a casa, tuonava il vecchio, ed era finita davvero.

Piccoli Mamuthones (Piera Serusi)
Piccoli Mamuthones (Piera Serusi)
Piccoli Mamuthones (Piera Serusi)

"La scuola per i piccoli è arrivata solo di recente - spiega Francesco Zanzu -. Anche io, d'altronde, che ero bambino negli anni Ottanta, ho imparato per imitazione: i grandi ci portavano con loro e noi li osservavamo. A poco a poco, crescendo, si entrava nel gruppo. Oggi a scuola i piccoli fanno le prove, sbagliano e si esercitano finché non imparano. C'è più pazienza per i loro errori e il risultato riusciamo a ottenerlo sempre. Poi, il talento è il talento: ovviamente è più facile quando vedi che l'allievo è portato". Dei cinquanta piccoli allievi del gruppo Proloco, venti sono aspiranti issohadores. "Noi li vediamo, sono nati per questo. Quando li portiamo fuori per seguire la danza, gli diamo le funi perché si esercitino nel lanciare il cappio e catturare qualcuno tra gli spettatori. Ed è bello vedere come sono contenti quando rientriamo in sede e mi dicono France', oggi ne ho preso sette". È il valore della tradizione, puntualizza Graziano Sale, "che qui a Mamoiada coincide con l'educazione al rispetto di sé e degli altri, al senso di squadra, all'amore per la storia della comunità". Lui, 43 anni, è il responsabile dei bambini dentro l'associazione Atzeni presieduta da Francesco Cardenia. Gli allievi sono ventiquattro, "quattordici mamuthones e dieci issohadores. Il più piccolo ha 4 anni, i più grandi sono quattordicenni, due adolescenti che cerchiamo di coinvolgere già nel gruppo degli adulti durante qualche sfilata anche se, per quest'anno, vengono alle prove nella classe dei piccoli". Qui si fa lezione un'ora al sabato pomeriggio, tutto l'anno tranne un paio di mesi d'estate. Nella sede del gruppo Atzeni, così come in quella dell'associazione Proloco, c'è il guardaroba dei mamuthones: le pelli rivoltate e sistemate sulle grucce, le maschere orripilanti, le cinte coi campanacci disposti in ordine di grandezza, tutte appese su una parete (ci sono le cariche dei grandi che arrivano più o meno fino a 35 chili, quelle per gli adolescenti attorno ai 15 chili e le più piccoline per i bambini). "Di proprietà personale - spiega Graziano Sale - ci sono solo i pantaloni e la giacca di velluto, il mucadore e su bonette, il cappello". In sede viene fatta la vestizione, una cerimonia che conserva tutto il suo fascino pagano nonostante l'assedio dei turisti, delle telecamere e dei telefonini in modalità video che comincia già in questa fase della festa, un momento fino a qualche anno fa privato, intimo.

I ragazzi del gruppo Atzeni (Piera Serusi)
I ragazzi del gruppo Atzeni (Piera Serusi)
I ragazzi del gruppo Atzeni (Piera Serusi)

Graziano Sale è un mamuthone ("La mia prima uscita è stata 30 anni fa") ma l'orgoglio più grande, dice, "è vedere sfilare mio figlio che ha 5 anni e si veste da quando ne aveva tre". Lui, come il collega della Proloco Francesco Zanzu ("Mio figlio ha 7 anni e ha cominciato che ne aveva 3"), e tutti gli altri mamuthones papà, ne fanno un punto d'onore. "È bello che i nostri ragazzi apprezzino e custodiscano la tradizione", avvisa Graziano Sale che cura le lezioni assieme a Diego Loi. La prima regola per i bambini, dice, "è che bisogna comportarsi sempre seriamente". La sfilata non è un gioco, la danza è una coreografia che richiede disciplina e lavoro di squadra. "Dico ai ragazzi: non vi voglio sentire ridere o scherzare. Se c'è un problema fate un cenno all'issohadore che guida il gruppo e comanda, e lui si avvicina. Per il resto, li avviso, si deve andare giusti come un orologio. È la tradizione. È così che si fa".
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