«In Italia conosciamo poco le varianti del virus perché abbiamo fatto uno sforzo insufficiente per sequenziarle. Ma vaccinandoci e continuando ad adottare comportamenti corretti ne conterremo la replicazione e, dunque, ridurremo la possibilità che compaiano ulteriori varianti».

Alberto Mantovani, professore emerito di Patologia generale all'Humanitas university, è uno degli scienziati italiani più influenti, un oncologo e immunologo tra i più citati al mondo. Ieri ha svolto la sua prolusione all'inaugurazione del 400° anno accademico dell'università di Cagliari.

Professore, perché il coronavirus colpisce le persone in modo diverso?

«Dipende da quanto virus respiriamo, dall'invecchiamento, dallo stile di vita e dalla genetica. Sappiamo che con l'invecchiamento il sistema immunitario reagisce meno bene e il tono infiammatorio è più alto. Per lo stile di vita cito, ad esempio, l'obesità perché nel tessuto grasso ci sono tante cellule del sistema immunitario disorientate».

E l'aspetto genetico?

«Abbiamo appurato che ci sono geni dell'immunità e dell'infiammazione localizzati sul cromosoma 3 che rendono più facile la comparsa di Covid grave. Poi abbiamo scoperto che una quota dei pazienti ha un difetto congenito del sistema immunitario che viene smascherato dall'incontro con il virus. Inoltre in una parte dei pazienti il virus causa la comparsa di autoanticorpi, cioè di anticorpi diretti contro se stessi. Non siamo ancora in grado di guidare la terapia sulla base dell'elemento genetico ma abbiamo nuovi marcatori e possiamo rispondere meglio di un anno fa».

Con quali meccanismi il nostro sistema immunitario si confronta con il Covid?

«La prima linea di difesa è la cosiddetta immunità innata che gestisce il 90% dei cattivi incontri del nostro organismo. Poi entrano in gioco i direttori dell'orchestra, i linfociti T, che orchestrano la produzione degli anticorpi. Quando queste difese falliscono il sistema immunitario dà una risposta fuori controllo anche attraverso un'infiammazione come la polmonite da Covid».

Perché le donne sono meno colpite?

«Lo ha spiegato benissimo il mio collega Carlo Selmi col suo saggio "Fortissime per natura". Le donne hanno un sistema immunitario differente, costruito ad esempio per proteggere il feto, dunque dà una risposta più forte. Poi in generale hanno uno stile di vita migliore».

Perché chi si è già ammalato si può riammalare e anche chi si è vaccinato non è completamente immune?

«Grazie a uno studio effettuato nel Regno Unito sappiamo che chi ha avuto il Covid è protetto all'80%. Significa che il 20% si può riammalare e può diffondere il virus. Sappiamo inoltre che nessun vaccino è efficace al 100% e che, in generale, tutti gli episodi di infezione post vaccino avvengono perché ci si è infettati prima della vaccinazione».

Come evolveranno le varianti?

«I vaccini sono efficaci contro la variante inglese, la più infettiva, e proteggono meno da quelle sudafricana e brasiliana. Quindi vacciniamoci sempre. Purtroppo nel nostro Paese è stato fatto uno sforzo insufficiente nel sequenziare le varianti. Il Regno Unito, per dire, sequenzia il 10% dei casi positivi, noi nella regione che fa più sequenze, l'Abruzzo, ne facciamo l'1%. Ciò non consente di conoscere a sufficienza il nemico che abbiamo in casa. Aggiungo che se vogliamo combattere efficacemente le varianti dobbiamo sostenere le vaccinazioni nei paesi più poveri sapendo che se lo facciamo non togliamo nulla alle nostre vaccinazioni».

Che cosa pensa del passaporto sanitario?

«Faccio i complimenti alla Sardegna, cui sono legatissimo, per questa iniziativa. E del resto se vado in Scozia da mio figlio devo fare il tampone e mettermi in quarantena. Ma è presto per introdurre passaporti legati ai vaccini».

Perché nella sopravvivenza dal cancro ci sono ancora troppe differenze tra nord e sud.

«Perché si fa meno ricerca e perché sui tre killer, cervice, mammella e colon retto, si fa poco screening. Occorre agire su queste leve e l'associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) sta lavorando su questi fattori».

La pandemia ha fatto saltare milioni di visite, che conseguenze ci saranno?

«Sono preoccupatissimo. Solo nei primi mesi di emergenza non abbiamo fatto un milione e mezzo di screening. Significa che 2000 cancri alla mammella, 1500 alla cervice e 2000 lesioni colon retto arriveranno in fase più avanzata. Ma è anche vero che in questa situazione le persone esitano ad entrare negli ospedali perché hanno paura. Dunque occorre garantire una maggiore sicurezza ai pazienti negli ospedali e occorre vaccinarli».

Fabio Manca

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