Ci siete ancora voi? I Demontis toccano ferro: «Sì siamo ancora qui». La scenetta si ripete ogni giorno: stesso scambio di battute e gesto scaramantico. L'incontro con vecchie clienti si consuma sulla soglia del negozio, tanti saluti e arrivederci. Non si va oltre. Dentro ci sono Paolo e Bruna, i superstiti di via Garibaldi, esempio di una generazione di ottantenni che non si arrende. Compagni di vita e di lavoro, è dal 1954 che stanno insieme dietro al bancone dei bottoni d'alta moda, articolo che decretò il successo della loro merceria, oggi più un ricordo, simbolo dei tempi che furono. La vetrina di Demontis, al numero 78, resiste: «Non chiuderò mai. Questo è il mio mestiere, lo faccio da una vita e anche bene, credo: mi piace vendere, servire i clienti, la voglia c'è anche se le possibilità non sono più quelle di una volta». Paolo Demontis, 84 anni, quando ha capito che le cose stavano cambiando ha adottato un'altra strategia. «Mi sono regolato meglio, comprando meno: un tempo gli ordini si facevano sei mesi prima, gli scaffali erano strapieni di bottoni, ne vendevamo a decine ogni settimana alle sartorie. Morte queste, è finita la nostra epoca: i vestiti si comprano già pronti».

66 anni in vetrina

I Demontis sono famiglia di commercianti, tra i cognomi che hanno dominato le vie dello shopping, assieme agli Antuofermo, De Santis e Gasparro. «No io non chiudo. Se chiudo in due anni invecchio, almeno qui mi tengo impegnato e in forma», ribadisce il proprietario. Pazienza se non sono tempi d'oro e, più che bottoni, tocca vendere ora costumi e abiti. Con moderazione, senza salti di gioia per gli incassi. Non importa però, fuori e dentro la vetrina Demontis scorre la vita: negozio al piano terra in via Garibaldi, casa al primo piano. «In un attimo scendo e apro, non mi costa niente», e sa di essere tra i pochi che possono permettersi una scelta del genere, senza lusso ma col privilegio di poter vivere con la rendita del successo degli anni Settanta Ottanta, quelli che sa bene che «non arriveranno più. L'alta moda si è fermata ovunque, con una perdita dell'80 per cento degli ordini». Sa bene il "signor Demontis" di aver perso le storiche clienti («hanno la nostra età, ormai io vendo reggiseni e costumi, non roba per loro») ma si accontenta di rimanere affacciato sul mercato, pure a cifre d'incasso ridotte. «Io una pensione ce l'ho per fortuna e tenere aperto il negozio non mi costa nulla: eravamo in sette prima, l'ultima commessa se n'è andata quattro anni fa, sapeva che non c'era più lavoro. Darlo ai figli? Sarebbero solo debiti per loro, con la spada di damocle delle banche sulla testa».

Lo scenario

Demontis non punta il dito contro i governanti sardi, «in questa situazione ben poco possono fare». È l'economia che deve ricominciare a girare - dice - «invece siamo una città di impiegati o lavoratori in cassa integrazione». La gente non ha i soldi, non spende più. In via Garibaldi e via Manno, gironzolano "cricche" di giovani che si accontentano dei McDonald's e della grande distribuzione. «Oggi il cliente non vuole più essere servito», fa notare, «chi entra vuole frugare tra gli scaffali e il più delle volte se ne va dicendo "ci penso". Il mondo del lavoro è completamente cambiato». Eppure Demontis resiste e dalla vetrina vede il mondo. «La crisi, già prima del Covid, ha portato molti commercianti a chiudere. Troppe spese e pochi incassi. Cagliari è una città più cara delle altre, non potrà mai fare concorrenza a Milano, Prato, Firenze: l'insularità ci penalizza e tutti gli ordini arrivano dal continente. Per i negozianti sardi vuol dire fare scorte, spendere più dei colleghi della penisola che hanno la fabbrichetta a due passi dalla boutique: e se non vendiamo tutto, per noi sono solo costi».

Il settore

Resta vigile l'occhio clinico del commerciante: «Vede che scarpe hanno ai piedi? Quelle in cuoio non si comprano più, come i nostri bottoni», rinchiusi nel magazzino, in visone, madreperla, metallo, dorati e argentati, non sia mai che qualcuno voglia concedersi una "chiccheria" del passato. «Non è che via Garibaldi sia cambiata, è cambiata la gente, che non ha possibilità economiche». I clienti «ormai scafati», ne sanno anche più dei commercianti. «Controllano tutto su internet». E poi «i parcheggi della zona sono tutti a pagamento e occupati dai residenti: la gente non viene più a comprare in centro anche per questo». E i turisti? «Chi li vede», neppure quelli delle crociere fanno acquisti. «Comprano tutto nei negozi a bordo». La clientela nelle vie del centro è soprattutto cagliaritana («dalle 18.30 in poi, prima non si vedono»), dall'hinterland non si muovono più, «serviti e riveriti dai centri commerciali». Ma la "merceria" Demontis resta aperta. «Io voglio continuare a fare questo lavoro, anche solo per salutare le vecchie clienti. Non sono più un giovincello per poter fare altro». A chi è ancora in mezzo al guado consiglia: «Guardatevi attorno, andate a vedere come gira il mondo. E copiate, come ho fatto io, viaggiando per l'Italia».

Carla Raggio

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