Solo qualche giorno fa, con la consueta disinvoltura, il Premier Conte ha dichiarato sia che il “Governo (sarebbe stato) vicino alle tante imprese, ai commercianti, ai liberi professionisti, alle famiglie”, sia che “nessuno (si sarebbe dovuto) sentir (e) abbandonato”. Eppure alle opportune premesse e promesse non sono susseguite altrettante conseguenti e soddisfacenti conclusioni.

IL DECRETO - Con la pubblicazione notte tempo, in Gazzetta Ufficiale, del Decreto c.d. Cura Italia, infatti, per un motivo o per un altro, e nonostante anche molte buone disposizioni, si è dato un vero e proprio sonoro schiaffo in faccia ai tantissimi italiani speranzosi che ad oggi si trovano costretti al fermo lavorativo forzoso nonchè ad ingerenti, seppure comprensibili e giuste, limitazioni della propria personale libertà di spostamento. Sembra un incubo ma, invece, e purtroppo, è la nuda e cruda realtà. E quel che è peggio, è che con questo decreto, si scopre che lo Stato, pure nella situazione attuale di emergenza epidemiologica nazionale, quindi generalizzata siccome concernente tutti i cittadini italiani residenti sul territorio della Repubblica, in piena violazione dell’articolo 3 della Costituzione, non solo sembra operare una penosa ed ingiustificata distinzione tra cittadini di serie A (dipendenti pubblici, comunque ampiamente tutelati) e cittadini di serie B (lavoratori autonomi, soprattutto c.d. ordinisti), quasi che i primi fossero, e non lo sono, soggetti a sacrifici e perdite maggiori rispetto ai secondi, ma anche che lo stesso Stato non sembra smentire né tradire, nei confronti di tutti, la sua avida ed impietosa natura esattoriale, giacchè anche in situazioni di estrema difficoltà quale quella contingente, pensa bene, e di conseguenza dispone, come ha disposto, di provvedere a riprendersi con la mano sinistra quello che cinque minuti prima, si fa per dire, aveva dato con la mano destra.

BONUS - Intanto, perché davvero non è dato comprendere perché il pur miserevole, siccome inferiore pure allo stesso importo previsto per il reddito di cittadinanza, bonus da 600 euro netti “una tantum” venga riconosciuto, su domanda, unicamente ai liberi professionisti iscritti alla gestione separata dell’Inps, ammesso e non concesso che i soldi stanziati bastino per tutti, ma non invece ai professionisti, evidentemente altrettanto aventi diritto in quanto compromessi dalla difficoltà del momento, e per ciò stesso ingiustamente ed incautamente mortificati, che siano iscritti a casse previdenziali professionali.

DISPARITA' - Sono forse figli di un Dio Minore? Patiscono o si sacrificano meno degli altri? Evidentemente no, ed è quasi ozioso ed infelice il doverlo sottolineare. Quindi, perché, non è dato ancora comprendere come mai, in maniera del tutto discriminatoria, la gestione e la modalità di attribuzione del c.d. “reddito di ultima istanza” di cui all’articolo 44 del Decreto, e già la denominazione la dice lunga non solo sulla sua misera ed insufficiente consistenza, ma anche quasi sulla considerazione sociale dei potenziali aventi diritto, destinato in via eccezionale, e sulla base di non meglio precisati criteri di priorità, ai lavoratori autonomi esclusi dal percepimento del bonus ridetto, tra i quali dovrebbero rientrare anche i professionisti iscritti agli ordini, dovranno essere comunque stabiliti “con uno o più decreti” successivi, in questo modo mortificando ulteriormente i diritti dei potenziali percipienti che alla fine potrebbero trovarsi a fare i conti con un nulla di fatto.

PROROGHE - Inoltre, perché risulta addirittura ridicola, se non proprio inutile, la misura di cui all’articolo 60 del Decreto che dispone, generosamente, si fa per dire, la proroga della scadenza dei termini per i versamenti a favore delle p.a., compresi quelli relativi ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l’assicurazione obbligatoria, dal 16 marzo 2020 al 20 marzo 2020, quasi bastassero soli quattro giorni a risolvere la crisi di liquidità della popolazione. Che misura è? In che modo dovrebbe andare incontro agli italiani che oggi più che mai avrebbero, come di fatto hanno, bisogno di spendere con oculatezza in questo momento di incertezza sulla durata temporale dell’emergenza?

SOSPENSIONI - Infine, ma tanto altro ci sarebbe dire, perché le varie disposizioni concernenti la sospensione fino al 31.05.2020 dei termini per gli adempimenti fiscali ricompresi tra l’08.03.2020 e lo stesso 31.05.2020, assunte a favore dei vari settori e categorie interessati, sono come un dito nell’occhio della popolazione, la quale, salvo rare eccezioni, da qui a qualche mese, sarà irrimediabilmente più povera trovandosi costretta, per via dell’emergenza, ad attingere ai propri risparmi, e quindi incapace di far fronte a pagamenti che sono di per sé stessi sacrificanti anche in periodi di piena attività. Come mai, se il sostegno da parte dello Stato ha carattere indennitario e compensativo, siccome deve tenere indenne la popolazione dal danno patito a cagione della emergenza epidemiologica che ha messo in stand-by l’intero Paese, si insiste nel tartassare quella stessa popolazione, inerme sotto tutti i punti di vista, prospettando per un verso, obblighi di pagamento a stretto giro che proprio in ragione della eccezionale situazione si sarebbero dovuti semmai annullare come proposto inizialmente da Salvini a Foligno, e per altro verso, sarcasticamente prevedendo, all’art.71 dello stesso Decreto, “forme di menzione per i contribuenti” che decidessero di non avvalersi “di una o più tra le sospensioni di versamenti” previste nel Titolo IV e dall’art. 37 e ne dessero comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze?

Che dire. Che piove sempre sul bagnato, i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Sembra proprio che in Italia si faccia in fretta a vietare ma non altrettanto in fretta a costruire.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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