«Ho 400 capre, nel cuore della Langa astigiana. Trasformo personalmente, per fare la Robiola di Roccaverano Dop. Se dovessi vendere il latte, dovrei farlo almeno a tre euro al litro. Quindi, se i pastori sardi chiedono un euro, credo che si debba partire da qui per decidere insieme il prezzo del formaggio, del prodotto finito. I trasformatori devono fare un minimo di cartello».

Si cala nella parte, fa l'uomo di campagna ma sfodera nozioni di economia. Oscar Farinetti abbandona i panni dell'imprenditore di successo, la ribalta planetaria. L'inventore di Eataly, colosso dell'italica eccellenza a tavola, questa mattina a Bitti incontrerà una delegazione di pastori, insieme all'amico Flavio Briatore. Visiterà il minicaseificio Mamaeoro.

Come nasce quest'avventura sarda insieme al patron del Billionaire?

«Nasce da un'idea di Flavio, poi da una mia enorme attenzione per i problemi dell'agricoltura e dell'allevamento. Da circa un anno abbiamo iniziato a vendere i formaggi di Bitti, con un discreto successo. Ora occorre organizzarsi meglio: vado sul posto volentieri, per scoprire di persona questa realtà e parlare di packaging, conservazione, qualità. L'obiettivo è quello di inserire questo formaggio tra le eccellenze italiane da promuovere nel mondo».

Con Flavio Briatore state dando un futuro a un gruppo di pastori: vi volete sostituire alla politica?

«No, nel nostro piccolo stiamo facendo quello che dovrebbe fare il mercato. L'Italia è un paese straordinario, però è innegabile che alcuni territori siano più avanti. Altri, come la Sardegna, sono più indietro, per tutta una serie di problematiche».

Pecorino, formaggio dalle enormi potenzialità, in parte inespresse. Quali le ragioni?

«La mia impressione è che i trasformatori sardi non facciano squadra, che si propongano al mondo separatamente. Anzi, talvolta facendosi concorrenza. Dovrebbero fare più cartello, avere maggiore unità, per spuntare prezzi migliori sul pecorino, soprattutto all'estero. Il tema è sempre la filiera: tutto parte dal prezzo al pubblico. Non credo ci sia cattiveria o speculazione dei produttori verso i pastori. Se sono costretti ad applicare dei prezzi bassi, poi hanno bisogno di pagare poco il latte. Si deve uscire da questo "ghetto"».

Vertenza latte e diatriba tra pastori e trasformatori. Da che parte sta, qual è il suo punto di vista?

«Sto con entrambi. Trovo che la reazione dei pastori sia stata intelligente, sebbene condanni la violenza di alcuni episodi. La provocazione del latte gettato in strada ha permesso di far conoscere anche ai media nazionali questa situazione. Bisogna tenere conto delle esigenze dei pastori: non saranno mai risolte, però, se non si bada anche alle richieste dei trasformatori. Ripeto, occorre alzare il prezzo medio finale per evitare una guerra tra poveri».

Da conoscitore dei mercati, che caratteristiche deve avere un formaggio per farsi valere oltre Tirreno?

«Deve rappresentare la grande identità italiana: latte da pascoli sani. Poi, deve essere trasformato nel rispetto della meraviglia che avviene sulla terra. Quindi, serve una confezione di prestigio, con etichette in tutte le lingue».

Dunque, il pecorino sardo merita un posto tra le eccellenze della tavola.

«È un formaggio per tutte le fasi: dall'aperitivo a fine pasto. Ha un sapore intrigante, si può accompagnare con qualsiasi vino. È molto duttile».

Che consiglio si sente di dare ai produttori sardi?

«Credo che il popolo sardo abbia tutto per potercela fare. Occorrono due cose: la forza per sdoganarsi nel mondo e uomini in grado di rappresentare questa terra. Non servono persone radicali, arrabbiate con le altre categorie. Il futuro è muoversi insieme».

In un momento di difficoltà per i pastori sardi, Farinetti cerca visibilità?

«Sarei venuto in Sardegna anche senza la vertenza latte. Non sono di certo un approfittatore: Eataly ha già abbastanza visibilità».

Gianfranco Locci

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