Voleva diffondere un messaggio positivo in un momento difficile per tutti. E così durante il lockdown Silvia Mascia, 30 anni da Ardauli, ha preso un foglio di carta e le matite colorate che accompagnano la sua vita sin dal primo giorno di scuola e si è messa all'opera. Non ha dovuto pensarci più di tanto, il disegno si è materializzato da solo: una giovane donna dal volto nascosto con una leggera cuffia e una mascherina di colore verde acqua. Solo i bellissimi occhi azzurri sono scoperti. Ai lati del viso due mazzolini di fiori regalano serenità, sullo sfondo bianco quattro disegni neri separati da una striscia rossa ricordano la bandiera della Sardegna. Ma i Quattro Mori non ci sono, sostituiti dall'Isola, lo Stivale, l'Europa e l'intero globo con tutti i continenti. Una rivisitazione con un significato preciso: in Sardegna è stata sperimentata una ricerca per le cure del Covid-19, l'Italia nella prima fase è stata la nazione al mondo più colpita dal virus, l'Europa all'inizio ha un po' messo da parte gli italiani che stanno su questa terra come tutti e tutti insieme, di lì la raffigurazione del pianeta terra. "E' un messaggio di speranza, ma non perché si trovi al più presto un vaccino bensì per sperimentare la terapia capace di combattere il Covid". Si intitola Hope in research.

Ha letto tanto in quei giorni di confinamento a casa e ha guardato la tv. "Era difficile capire". Troppa informazione, nessuna informazione. E poi le fake news, la cosiddetta infodemia. La aiutava a orientarsi il suo fidanzato Francesco, col quale divide la casa a Selargius: specializzando nella facoltà di Medicina era al lavoro con la task force del Policlinico di Monserrato per far fronte all'emergenza. I suoi racconti l'hanno convinta. "Ho voluto fare una riflessione su quello che stava accadendo." Ed ecco l'idea di dar vita a una donna che si intuisce operatrice sanitaria ma non è chiaro se dottoressa, infermiera od oss, e la scelta è stata proprio quella di non scegliere. "Dietro camici, copricapo, mascherine e visiere nessuno era riconoscibile. Ho disegnato una figyura femminile perché le interviste venivano fatte quasi sempre agli uomini invece sono tante le donne in prima linea, a cominciare dalle scienziate". E quei fiori ai lati del viso? "Rappresentano la caducità della vita, ho voluto esorcizzare il lato negativo del virus con un simbolo di bellezza".

L'arte è il suo sogno nel cassetto anche se la laurea quinquiennale in Beni culturali con indirizzo storico-artistico la porta sui libri tutti i giorni per ore a preparare i concorsi pubblici attraverso i quali trovare un posto di lavoro. "Vorrei rimanere in Sardegna ma se sarà il caso mi sposterò". La sua formazione è iniziata al liceo Artistico di Oristano, dopo aver lasciato lo Scientifico. "La passione è nata a cinque anni e mezzo: mi avevano regalato un libro sulla pittura impressionistica che guardavo e riguardavo e allora l'anno successivo ho voluto che mi comprassero tele e tempere. Ho imparato a leggere, scrivere e dipingere. Sono figlia unica, i miei genitori hanno sempre lavorato entrambi e io, invece di guardare la tv, disegnavo". Insomma, era chiaro da subito che quella sarebbe stata la sua strada. Glielo dicevano anche i suoi insegnanti del liceo. "Mi viene talmente naturale che non ho bisogno di ragionarci sopra". Ha esposto i suoi lavori in diverse mostre nazionali e internazionali, soprattutto oltre Tirreno. "Qualcuna è stata inserita nei cataloghi con diversi artisti e ora sono in una permanente a Sanremo". Tra queste c'è un disegno dal titolo Stop the war ed è un esplicito riferimento al conflitto israelo-palestinese.

"La guerra secondo me non ha alcun senso, uccide innocenti per potere e questioni economiche". Un altro quadro ritrae una donna sfregiata. "Ho voluto ricordare in questo modo l'8 marzo in Medio oriente, la condizione femminile in alcune aree". Si intitola I'm princess un disegno toccante sulla lotta al cancro infantile. "Due anni fa è stato in mostra a Salerno, la rassegna era coordinata da Vittorio Sgarbi". Un bambino col sangue al naso e una lacrima sul volto grida invece No al bullismo.

Sempre temi impegnati dunque per una giovane donna che vuole provarci. "Quello dell'arte è un ambiente difficile, particolare, molto competitivo ma ho un carattere determinato".

Quanto all'operatrice sanitaria disegnata durante i giorni del lockdown non è stata esposta in una mostra ufficiale ma condivisa su Instagram. Non solo: dal Policlinico universitario di Monserrato si sono fatti vivi per vedere se quell'immagine potesse essere utilizzata in qualche modo, dal momento che veicola messaggi di orgoglio e speranza.

"Ho visto nella rete troppe foto di infermiere in lacrime e ritratti di donne in camice che abbracciano l'Italia con il capo chino. La mia sorride con gli occhi, è serena, trasmette positività. Penso sia fondamentale essere positivi, credere in chi si spende con il lavoro e la ricerca nel tentativo di farci stare bene".

Silvia Mascia a modo suo ci è già riuscita o almeno ha indicato la strada.

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