"Madre natura ha dato la luce e noi dobbiamo saperla interpretare". Savin Couelle lo ripeteva alle suore carmelitane di Nuoro. E quelle parole riemergono ora oltre la grata del parlatorio, tra gli spazi del silenzio claustrale, per ricordare il grande architetto francese morto novantunenne lo scorso 20 giugno che qui - non solo nella scintillante Costa Smeralda - ha espresso tutta la sua arte visionaria.

Ha progettato il monastero Mater Salvatoris sulla sommità del colle di Cuccullio, in faccia al monte Ortobene da un lato e al Corrasi di Oliena dall'altro. Costruzione maestosa e solenne: le colonne di granito all'ingresso della chiesa fatte arrivate da Brescia, il crocifisso della cupola realizzato in acciaio da un artigiano francese, l'acquasantiera che è un'enorme conchiglia giunta dalle Mauritius e fissata nella roccia, la scala di Sant'Agostino realizzata al rovescio per indicare le difficoltà verso il Paradiso, la statua in legno della Madonna nera recuperata negli Stati Uniti, mutilata dopo un incendio, la grande croce che dall'alba inonda di luce l'altare, il coro e ogni sguardo.

Ogni dettaglio della chiesa, perfino ogni tegola e abbaino della foresteria, unici luoghi accessibili al di qua della clausura, racconta la forza magica, travolgente e carismatica di un architetto che si professava ateo, ma raccontava Dio con tanti simbolismi teologici sparsi ovunque e adorava la natura in modo supremo. Devozione che permea ogni passo dentro e fuori questo monastero-gioiello, pieno di linee in movimento e di poesia, di suggestione e sorprese perché qui ogni elemento è unico: basta vedere gli archi del coro, diversi sebbene disposti nella stessa sequenza.

Per tutti un capolavoro. "Diceva Couelle: quando si viene in chiesa a parlare con Dio bisogna entrare in un ambiente che ti avvolge". Gonario Santoni, geometra nuorese che ora ha 72 anni, è il costruttore che ha dato concretezza al progetto di Couelle: conserva nella mente tutte le parole del maestro, benché siano passati trent'anni dalla posa della prima pietra. Il monastero li ha uniti così tanto da cementare un'amicizia solida, andata avanti fino alla morte dell'architetto. Couelle, tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, frequentò Nuoro per mettere a punto il suo progetto, in modo gratuito. C'è chi ancora lo ricorda mentre di buon mattino disegnava e riproduceva la chiesa di Santa Croce, nel centro storico di San Pietro. A Cuccullio la posa della prima pietra avvenne il 7 aprile 1990. Lavori veloci: in tre anni l'impresa riuscì a fare tutto, interpretando al meglio l'estro geniale dell'architetto.

L'inaugurazione del monastero il 4 febbraio 1994. Couelle era stato chiamato dall'allora priora del monastero, suor Elisabetta Buscarini, originaria di Orgosolo. La sua famiglia di artigiani era molto apprezzata in Costa Smeralda. Nel nome dell'amicizia Couelle sbarcò in Barbagia per aiutare le Carmelitane scalze che avevano bisogno di un nuovo monastero, più appartato dalla città rispetto a quello di Istiritta. Lui, architetto di gran successo in Costa Smeralda dove l'aveva trascinato il padre Jacques che nel 1963 disegnò l'hotel Cala di Volpe, colse l'occasione con entusiasmo. Era una sfida inedita, ci mise naturalmente tutta la creatività e l'esperienza maturata in giro per il mondo per concepire quello spazio consacrato a Dio, senza però spostare una pietra né un albero perché la natura gli imponeva la stessa sacralità. I giochi di luce dominano ovunque, fino al campanile vuoto, senza pareti, realizzato in acciaio inox, e alla cupola ottagonale della chiesa, messa su con la tecnica pernervometal di cui era artefice. "Couelle veniva a Nuoro ogni 20-30 giorni e si fermava per tre-quattro giorni. Dormiva nel vecchio monastero. Mi chiamava e mi diceva: ci vediamo domani mattina alle 5, dobbiamo vedere se il buon Dio riesce a illuminarci la porta principale del noviziato. Mi portava qui all'alba", ricorda Santoni. E ancora: "Diceva: bisogna rispettare la natura perché ci produce la luce che ci deve sempre guidare in architettura". Così è stato. Rocce e alberi sono rimasti al loro posto.

Gli spazi concepiti dall'architetto si sono adeguati perfino ai saliscendi che mostrano le asperità della natura e sono metafora di quelle della vita, a costo anche di realizzare nella foresteria un corridoio alto appena un metro e 65 centimetri. "E' stato maestro per me e per tutte le maestranze che hanno assecondato la sua genialità mentre plasmava natura e rocce ai suoi disegni. Questa esperienza mi è entrata nell'anima", riconosce Santoni. Perché Couelle assieme alla genialità artistica qui ha riversato anche la sua carica umana. "Ci ha insegnato tante cose, come la conoscenza dei materiali, dei volumi. E ha avuto la grande capacità di apprezzare il capitale umano: ogni volta che veniva per seguire i lavori doveva salutare uno ad uno tutti gli operai, fino all'ultimo manovale". I loro nomi stanno su una stele in granito, accanto a quello di Couelle.

"Qui si coglie anzitutto la bellezza, la luce, la varietà degli ambienti. A volte è un po' scomodo perché l'architetto ha costruito seguendo l'ambiente con salite e discese", confessa suor Maria Assunta Ruzzone che guida la comunità claustrale di 13 monache. Il ricordo di Couelle è riecheggiato forte tra queste pareti: una messa è stata celebrata per lui sull'altare voluto ai piedi della grande croce piena di luce.
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