L'Asinara è l'isola del vento, un luogo meraviglioso e di sofferenza lungo 23 chilometri. È stata tomba di migliaia di soldati austro-ungarici, terra di pescatori, di guardie carcerararie, ma anche di mafiosi e terroristi, di delinquenti che si sono macchiati dei crimini più efferati, ma che nell'isola coltivavano la terra, facevano il vino, il formaggio e allevavano i maiali, lontani dalla civiltà e dal mondo conosciuto. Proprio come Dustin Hoffman nel film Papillon.

LA RECLUSIONE - Il giovane calabrese Martella Elia Rocco non pensava a nulla quando nel 1963 venne rinchiuso in una piccola cella di Cala d'Oliva, sentiva solo rimbombare nei suoi timpani la sentenza del giudice, quasi con noncuranza: "Ergastolo ". Non aveva neanche voluto ricorrere in appello, sentiva giusto quel responso e pensava che una condanna non potrà mai restituire una vita spezzata.

Le prime stagioni non passavano mai. A primavera il fresco maestrale rimbalzava nelle pareti della sua arida stanza, le malinconiche piogge di novembre annunciavano l'inverno. Dal suono dei passi riconosceva i suoi custodi, tutta la sua vita era l'attesa del rumore metallico della robusta chiave che apriva il lucchetto per l'ora d'aria.

LA CASA IN COLLINA - Nell'atrio quadrato di Cala D'Oliva, diramazione Centrale, non è che i detenuti fossero particolarmente loquaci: qualche scambio di circostanza e passeggiate silenziose. Poi il rientro in cella, a rimuginare su una vita gettata al vento. Passarono gli anni, cinque, sei, sette, sempre uguali. Martella come tutti i dannati dell'Asinara aveva staccato la spina dal mondo, per non impazzire. Per buona condotta l'ottavo anno gli venne proposto di poter vivere in una piccolissima diramazione carceraria in collina, detta Case Bianche. Quando Martella riposò la prima notte nella nuova cameretta, gli sembrò di essere in un hotel a cinque stelle, quello in cui non era mai stato. Di giorno inoltre poteva uscire e scendere verso la diga di "Maria Rosaria" a coltivare un orto. Passarono altri giorni e altri mesi. Martella Elia Rocco non pensò mai fuggire, nemmeno un attimo, del resto dove sarebbe andato? Era pieno di guardie, non sapeva nuotare e non avrebbe retto all'umiliazione dell'essere catturato un'altra volta. E poi aveva persino qualche amico che lo stimava ed era contagiato dalla sua simpatia. Si, perché nel frattempo Martella era tornato quello di sempre: allegro e disponibile. Oramai si era abituato all'isola, al suo mare smeraldo, ai suoi asinelli bianchi, ai falchi sempre in agguato a mezz'aria, alle cornacchie che facevano i dispetti agli altri uccelli. Non poteva fare a meno dell'odore dell'elicriso mischiato alla salsedine e del cambio di colore dell'euforbia, che faceva apparire l'Asinara rossa in estate e verde in inverno. Martella Elia Rocco non contava più il tempo.

Asinara (lo scatto è della lettrice Cristina Done)
Asinara (lo scatto è della lettrice Cristina Done)
Asinara (lo scatto è della lettrice Cristina Done)

AMICO SPECIALE - A luglio del 1973 un grande evento: gli regalarono un piccolo mulo marrone, che chiamo Bobò. Il detenuto, diventato un vero contadino, lo allevò come se fosse un figlio. Il piccolo quadrupede lo seguiva come un cagnolino e dopo qualche anno i due s'intendevano con lo sguardo. Con aguzzo ingegno Martella aveva adottato un sistema per arare la terra, con delle grosse cinghie aveva attaccato un piccolo aratro al corpo del quadrupede, che non si sottraeva al lavoro e rendeva quell'appezzamento di terra ancor più fertile e generoso, anche grazie ai consigli di Carlo Hendel, l'agronomo romano dell'Asinara. Martella, un uomo magro, scattante e di media statura, per il suo lavoro di ortolano veniva pagato dal Ministero di Grazia e Giustizia, non certo una grande somma, ma se avesse potuto avrebbe donato una parte di quei soldi al suo amico quadrupede, che da buon mulo ogni tanto s'impuntava, quasi volesse fare una vertenza sindacale. Quando le cavalle erano in calore Bobò entrava ufficialmente in sciopero, sentiva il loro odore e percorreva vari chilometri per raggiungere la rada di Fornelli, a sud dell'isola, dove ingaggiava dure lotte con gli altri cavalli per accaparrarsi le femmine. Poi, dopo alcune settimane, ritornava al suo orto, a riprendere la vita di sempre col suo padrone. La vita scorreva tranquilla, con questi tempi. Martella Elia Rocco aveva regalato la sua anima all'Asinara ed infatti da tempo aveva un pensiero fisso che lo preoccupava: gli anni che mancavano a fine pena. Che avrebbe fatto? Che vita avrebbe trovato fuori? Erano passati 20 anni e per lui l'isola era tutto. Della civiltà, ammesso che si potesse chiamarla tale, non aveva che pallidi ricordi.

Una panoramica dell'Asinara (archivio L'Unione Sasrda)
Una panoramica dell'Asinara (archivio L'Unione Sasrda)
Una panoramica dell'Asinara (archivio L'Unione Sasrda)

LA GRAZIA - Invece in quei giorni degli anni '80, quasi inaspettata, arrivò la grazia per buona condotta. Martella Elia Rocco doveva abbandonare l'isola. In tanti anni di detenzione aveva conservato un piccolo gruzzoletto, col quale voleva comprarsi Bobò, oramai vecchiotto anche lui, e portarselo con sé. L'assurda burocrazia glielo vietò e Bobò, in assenza del suo padrone, era fuggito e girovagava sull'isola.

L'ispettore Gian Maria Deriu e Mario Leoni, capo diramazione di Tumbarino, il luogo dell'Asinara riservato ai pedofili, riuscirono a prenderlo, ma Bobò di notte rosicchiò la corda e scappò. Il suo padrone nei mesi successivi chiese più volte per lettera di portarlo con sé, implorò le autorità, ma nulla, niente si mosse.

Martella Elia Rocco non sapeva che il suo mulo nel frattempo era morto: trasferito nei pressi delle stalle di S. Maria, divorato dalla malinconia e dalla nostalgia del suo vecchio padrone, aveva smesso di mangiare e non accettava cibo da nessuno.

All'Asinara la vità torno quella di prima, ma la storia di quella splendida e tenera amicizia rimarrà per sempre. Di Martella Elia Rocco si sono perse le tracce, forse vive ancora in Calabria, chissà. L'agronomo Carlo Hendel è in pensione e abita a Vetralla, nei pressi di Viterbo ed è sempre innamorato dell'Asinara, come Mario Leoni, che ora risiede a Tertenia.

L'ispettore Gian Maria Deriu invece non ha mai voluto abbandonare l'isola: in pensione anche lui, ora che le carceri non ospitano più detenuti, rende gratuitamente la sua esperienza e la sua opera al Parco Nazionale dell'Asinara, uno dei gioielli del turismo sardo.
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