Cosa ci fa un pappagallo sudamericano nell'affresco di Giorgio Vasari e Marco da Faenza che ritrae in Palazzo Vecchio Lorenzo il Magnifico mentre riceve l'omaggio degli ambasciatori?

Il personaggio più famoso della stirpe dei Medici morì nell'aprile del 1492, sei mesi prima della scoperta dell'America e comunque troppo presto per aver conosciuto l'Ara macao, rappresentato nella raffigurazione della Sala di Lorenzo realizzata alla metà del Cinquecento.

La scoperta di questo anacronismo e di molte altre sorprese si deve a un gruppo di ricerca interdisciplinare formato da esperti di botanica, zoologia e pedologia - afferenti al Sistema Museale di Ateneo, al Dipartimento di Biologia e all'Ibimet-Cnr - che da anni si occupa di analizzare le opere d'arte dal punto di vista naturalistico, fornendo agli studiosi e ai fruitori del bene culturale uno sguardo inusuale, alla ricerca dell'identificazione di una piccola pianta, un animale, un paesaggio.

Lo studio più recente è una guida naturalistica di Palazzo Vecchio "La natura dipinta. Piante, fiori e animali nelle rappresentazioni di Palazzo Vecchio a Firenze", curato da Maria Adele Signorini, già ricercatrice di Botaniche applicate nell'Ateneo, e da Valentina Zucchi del Muse.

Nel libro gli elementi naturali diventano i protagonisti degli affreschi, delle tele e degli ornamenti delle sale di rappresentanza, come nella sontuosa sala delle udienze dove nei festoni policromi affrescati da Francesco Salviati campeggiano anche alcune delle novità vegetali arrivate dall'America: zucche di numerose varietà, pannocchie di mais, peperoncini.

"Questo tipo di lettura di uno dei luoghi d'arte e di storia più conosciuto di Firenze - spiega Gianna Innocenti, membro del team interdisciplinare e curatrice del Sistema Museale di Ateneo - mette

anche in luce la stretta relazione che tra il Cinquecento e il Seicento lega Firenze e i Medici alla nascita delle moderne scienze naturali e motiva, ad esempio, la nascita dell'Orto botanico fiorentino, sorto nel 1545 per volere di Cosimo I e oggi parte integrante del patrimonio museale dell'Università di Firenze".

(Unioneonline/v.l.)
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