T utto riparte con poche mascherine, senza guanti (inutili, altra plastica da smaltire) e senza passaporto sanitario, ma intanto si lavora per le gabbie in plexiglas nelle scuole. Delle due l'una: o ne sanno troppo, i ministri e i consulenti, o non ne hanno capito nulla. Legittimo, per carità: dubbi e ripensamenti sono su scala planetaria.

Concentriamoci sul passaporto sanitario o, se vi sembra più corretto, sul certificato di negatività. Il presidente della Regione Sardegna ci ha raccontato, a reti unificate, che senza no, non si sarebbe potuto entrare nell'Isola. Senza dirci né dove né quando, né chi né come avrebbe dovuto concedere il lasciapassare. Ci è stato anche raccontato che, in cambio della fattura del laboratorio di analisi, la Regione avrebbe regalato un voucher da spendere per l'acquisto di prodotti sardi o per entrare in un museo. Ho chiesto un po' in giro, una sola la risposta: «Boh?». Di sicuro la battaglia di Solinas è stata (sì, ormai va derubricata al passato) nobile negli obiettivi. Tutelare la salute dei sardi e mantenere il virus prossimo allo zero. Sì, noi sardi siamo stati bravi nella Fase 1, anche grazie all'atteggiamento guardingo proprio di Christian Solinas, che ha blindato il prima possibile aeroporti e porti.

B ravo presidente. E complimenti a noi sardi, al netto di qualche errore nella sanità pubblica e privata, figlio anche dell'azione politica. Di ieri e di oggi. Torniamo indietro anche solo di una settimana e ripartiamo dalla pancia. Dai social. Nel dibattito ha prevalso chi invitava i potenziali turisti - potenziali untori - a starsene a casa. Sull'altro fronte, sempre sardo, si sosteneva che, sopravvissuti alla (prima?) ondata di Covid-19, rischiamo di morire di fame. Solo nel turismo gli occupati, tra fissi e stagionali, sono più di 100 mila. E poi altri post, altri tweet. Regione contro Governo, Comune di Milano contro Regione. Tutti impegnati a spararla più grossa condizionati anche dall'appartenenza politica. Chissà, forse domani, grazie alla mediazione del sindaco di Olbia Settimo Nizzi, si potrebbe chiudere la polemica con una stretta di mano.

Ma, social a parte, a reti unificate abbiamo sentito anche premier e ministri smontare, talvolta in punta di Costituzione, il passaporto sanitario, con una difesa sempre più debole, dall'altra parte, sfociata nella realtà: in Sardegna da mercoledì si entra come prima dell'emergenza, mostrando agli impiegati di scalo biglietto e documento di identità. I moduli per autocertificare stato di salute e mappa degli spostamenti possono sì essere scaricati dal sito della Regione (alla voce Sardegna Sicura) e compilati, ma non c'è nessuno che abbia avuto l'incarico di ritirarli. Tanto rumore per nulla, aveva ammesso su Videolina, incalzato da Mariangela Lampis, l'assessore alla Sanità, il leghista Mario Nieddu, costretto poche ore dopo a correggere il tiro. Ma era la sintesi - parole pronunciate il 29 maggio - migliore: oggi si arriva nell'Isola come se non fosse successo nulla. Sì, qualche turista il test l'avrà anche fatto, ma non troverà nessuno, in terra sarda, a chiedergliene conto.

Cosa resterà di questa nobile battaglia? Certamente una straordinaria visibilità per la Sardegna e per il suo presidente. Si è parlato tanto di noi, e questa sarebbe stata cosa buona e giusta se non fosse coincisa anche con l'interpretazione negativa che, in troppi, hanno dato sull'altra sponda. Una terra ospitale che diventa antipatica. Così come antipatici sono apparsi sindaci e presidenti di altre Regioni. Ma il periodo è stato difficile per tutti ed è necessario guardare avanti, facendo squadra con il sistema dell'accoglienza per salvare il salvabile in una stagione che parte tutta in salita. Comunque (altra contraddizione rispetto agli annunci), tutti i collegamenti aerei e navali sono ripartiti in anticipo e, quindi, potenzialmente, gli ospiti hanno tutti i mezzi per raggiungere hotel, b&b, seconde case, campeggi.

Quanto alla registrazione, venerdì sera, nell'ultima conferenza sull'emergenza virus, Solinas ha annunciato che «tra pochi giorni» sarà possibile una «registrazione preventiva sulla piattaforma regionale» direttamente sul sito della Regione. Altro che i tre mesi necessari per far partire la App governativa “Immuni”. «Noi», ha detto con orgoglio Solinas, «saremo pronti tra pochi giorni».

Nell'attesa, pare comunque poca cosa rispetto alla nobile battaglia per l'obbligo del certificato di negatività. Peccato, perché con un piano d'azione chiaro e concreto - e con un'evidenza scientifica certificata - la Sardegna avrebbe potuto distinguersi. Restano invece le ricadute negative sull'immagine dell'Isola. E il superlavoro, a carico degli operatori turistici, nel dare risposte ai dubbi alimentati da politici e consulenti.

C'è chi, simpaticamente, propone un parallelismo con il film “Non ci resta che piangere”. Ricordate Massimo Troisi e Roberto Benigni davanti al doganiere che, come un disco rotto, ripeteva «Chi siete? Cosa portate? Quanti siete? Un fiorino». Avete sorriso? Sì? È quello che ci vuole per ripartire. Tutti insieme.

EMANUELE DESSÌ
© Riproduzione riservata