B rancoliamo ancora nel buio e la scienza continua a balbettare. Nel disorientamento collettivo una ricercatrice precaria chiede: «Perché ci avete umiliato per anni e ora chiedete a noi di fare miracoli? Perché ci avete dato stipendi da fame, costringendoci a migrare, mentre ai calciatori avete regalato gloria e denaro? Perché non chiedete a loro di trovare il vaccino per la pandemia?».

L a frase, lì per lì, è parsa ai più come un comprensibile sfogo, di quelli che evaporano un minuto dopo. A ripensarci, però, essa è rivelatrice: la quarantena è infatti l'immane sacrificio che gli italiani stanno pagando alla politica clientelare degli ultimi decenni che, invece di fortificarlo, ha ulteriormente affossato il sistema sanitario, rendendolo inidoneo a fronteggiare l'ordinario, figuriamoci l'emergenza.

Si è infatti pensato di concentrare le risorse economiche altrove, su altre priorità. Tra esse, emblematico è proprio il caso del calcio professionistico, con stipendi ai calciatori che risultano ormai immorali anche ai più pragmatici. I 32 milioni annui di Ronaldo, i 10 di Lukaku e quelli degli altri calciatori di serie A sono infatti solo la punta dell'iceberg, perché impressionante non è il singolo caso ma la media degli emolumenti erogati, che fa del calcio un pianeta a parte. Sono numeri che fanno male a chi, in questo periodo, è chiamato a proprio rischio a garantire la vita alle persone e per chi, magari giovane, è dovuto migrare. E non si tratta di libero mercato. C'è ben altro.

Cosa direbbe infatti quella ricercatrice precaria se sapesse che nella legge di stabilità 2017 è stata introdotta una norma che consente proprio a Ronaldo di pagare un'imposta forfettaria su tutti i redditi di fonte estera pari a 100.000 euro? Che direbbe se leggesse l'articolo 5 del “Decreto crescita” concepito per il rientro dei cervelli? La norma prevede un'esenzione ai fini Irpef dei redditi percepiti nei prossimi 5 (in realtà fino a 15) anni per chi, residente all'estero, decide di trasferirsi in Italia e si impegna a rimanervi per almeno un biennio. Peccato però che il termine “cervello” appaia solo nel titolo della norma, mentre essa si applica a chiunque. Non solo: in sede di conversione è stato inserito l'articolo 5 quater, dedicato proprio agli sportivi professionisti. Sapete dunque cosa accade a un calciatore, italiano o straniero, che, dal 1 gennaio 2020 (senza magari neanche la licenza media), viene a giocare in Italia avvalendosi della norma sul “rientro dei cervelli”? Finisce col pagare le imposte sul 50% del proprio reddito!

La domanda sorge dunque spontanea: come si concilia tutto questo col solidarismo pentastellato del reddito di cittadinanza? Con i prestiti (da restituire) alle imprese colpite dalla pandemia? Con l'aumento esponenziale del debito pubblico e con la proposta di introdurre una Covid-tax sopra gli 80.000 euro (lordi)? Torna in mente la satira di Giovenale (“Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”) che denunciava come nella società romana più opulenta non vi fosse alcuna sapienza ma anzi vanità, corruzione ed ingiustizia. Aveva ragione. Preghiamo affinché in quei corpi atletici alberghi almeno una mente sana. La nostra ha infatti perso la ragione. Quella satira è ancora attuale. Ci racconta di atleti iridati, cervelli espatriati, ospedali abbandonati. E noi ancora chiusi in quarantena.

ALDO BERLINGUER

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
© Riproduzione riservata