C 'è sempre stata molta discordanza sul legame esistente tra credito e sviluppo nelle regioni e nei territori che ne sono deficitari. Tra chi vede nel primo lo strumento essenziale per il secondo e chi, invece, ritiene che il credito - e il sistema bancario in particolare - ne dovrebbe curare solo le esigenze dell'economia reale. Cioè, per dirla più semplicemente, se è il credito che debba promuovere lo sviluppo o, al contrario, accompagnarne soltanto gli andamenti.

Non diversamente accade sul tema degli assetti proprietari. Discordanza di opinioni che riguarda l'efficacia, o meno, di banche che abbiano la “testa pensante” nelle stesse regioni in debito di sviluppo. Che, cioè, siano autonome per affrontare direttamente i problemi e le esigenze delle economie ove operano.

Se nel primo caso, e sulla base dell'esperienza pregressa anche qui in Sardegna, sembrerebbe di dover propendere sulla validità di un rapporto di causa-effetto fra disponibilità creditizie e sostegno allo sviluppo; sul secondo ci sono tuttora molte perplessità, giacché l'acquisizione della proprietà nelle mani di gruppi bancari esterni all'area è sempre avvenuta come ciambella di salvataggio per gestioni malandate o maldirette (come nel caso sardo, dalla Popolare di Sassari al Banco di Sardegna).

Certo è che le profonde modificazioni intervenute nel sistema creditizio sardo più o meno dal 2000 in avanti - soprattutto con la perdita dell'autonomia del “Sardegna” e del “CIS” - hanno influito pesantemente sull'accesso al credito delle imprese sarde. (...)

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