P roseguono le interlocuzioni di Giuseppe Conte, nell'improbo sforzo di soddisfare tutti. Volge al termine la crisi di Governo. Una crisi durata poche settimane ma non per questo poco significativa. Sotto la canicola estiva è infatti evaporato, in un batter d'occhio, il sogno populista-sovranista che aveva marcatamente caratterizzato, per mesi, tutta la propaganda gialloverde, con il ritorno, oggi, alle dinamiche di sempre. E così, mentre l'Inghilterra, culla del parlamentarismo, sperimenta un'inedita rottura populista, spegnendo le luci di Westminster per far spazio ai vagiti secessionisti della provincia inglese, in Italia si celebra l'esperimento opposto: nasce un governo presente in Parlamento e assente nel Paese, inviso com'è agli elettorati delle due forze contraenti i quali, per come sono stati indirizzati per anni, continuano a guardarsi in cagnesco.

Agli elettori, ai militanti si era infatti detto che Pd e 5 Stelle avevano idee contrapposte, inconciliabili, e chi aveva tentato il dialogo era stato additato come disertore. Oggi, non per volontà propria, ma per la rottura di un terzo (la Lega) ci si ritrova sulla stessa barricata e le tifoserie, dalle curve contrapposte, vengono fatte scendere e convogliate in tribuna.

Toccherà quindi al Pd spiegare ai suoi che con meno infrastrutture saremo più competitivi, con l'assistenzialismo si fa più Pil, il giustizialismo porta alla legalità e l'antieuropeismo era una boutade. Così come starà ai 5 Stelle spiegare ai propri elettori che il sistema si combatte da dentro, con il disgelo i porti si aprono, la bouvette è più spassosa della piazza. (...)

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