È stato l'ultimo sindaco di Cagliari della Prima Repubblica. Una vita fa. Ma è ricordato, negli "annales" politica cittadina, come una uomo di mediazione: non a caso diventò primo cittadino a capo di una Giunta pentapartito quando le forze tradizionali si stavano dissolvendo. Serviva insomma una persona mite ma, al contempo, di peso: unificante. E non solo secondo i canoni della politica del tempo. Gaetano Giua oggi ha 79 anni e continua a guidare la farmacia di famiglia, che non ha mai lasciato neppure quando gli impegni a Palazzo Bacaredda erano particolarmente stringenti: "La farmacia storica è quella fondata da mio nonno Edoardo, nel Largo Carlo Felice", dice Giua. "Ho lavorato lì quando era titolare mio padre, dalla laurea, nel 1964, sino al 1973, quando divenni titolare dell'attuale farmacia, in via Pergolesi, diretta ora da mio figlio Corrado. Praticamente quattro generazioni di farmacisti, quasi 120 anni". Politicamente, vanta un "cursus honorum" importante: nel giugno del 1970, a 29 anni, è stato eletto con la Democrazia Cristiana in Consiglio comunale, da dove è uscito 24 anni dopo. In seguito, dal 1970 al 1975, ha ricoperto la carica di assessore ai Servizi Sociali; dal 1975 al 1980, all'Igiene e Sanità: "Nel 1992, quando sono stato eletto sindaco, venivo da un'esperienza come assessore alle Finanze". In curriculum, per diversi periodi, Giua vanta anche il ruolo di capogruppo della Dc nell'assemblea cittadina, in particolare quando era sindaco Paolo De Magistris. È stato a capo dell'azienda sanitaria Usl 20 di Cagliari e, dal 1989 al 1992, presidente del Conservatorio di Musica Pier Luigi da Palestrina e del Teatro Lirico. Dal 1994 al 1998 anche membro del Comitato delle Regioni dell'Unione Europea.

Dottor Giua, lei è stato sindaco di Cagliari nel periodo forse più scomodo della storia politica cittadina.

"Sono stato chiamato in una fase di grande complessità, davvero un momento divenuto storico: la transizione tra la Prima e la Seconda Repubblica".

Dopo la caduta della sua Giunta arrivò il commissario prefettizio. Ebbe la sensazione di aver chiuso la porta di un periodo storico, quello segnato dal predominio dai partiti, almeno per la politica cagliaritana?

"Certamente. Iniziò il processo di dissolvimento dei partiti tradizionali e vennero a mancare i punti di riferimento politici. La Dc, partito a cui appartenevo, si sciolse trasformandosi in Partito Popolare, che ebbe vita breve. Era così terminato un lungo periodo storico iniziato nel dopoguerra, che aveva garantito all'Italia, sia pure con tante carenze ed errori, la democrazia, la libertà e lo sviluppo economico e sociale".

Che cosa ricorda di quegli anni?

"Si era in piena Tangentopoli, si susseguivano bollettini quotidiani di arresti e incriminazioni in tutta Italia. Questo però non influì sulla mia attività amministrativa".

Tra le iniziative più positive accostabili alla sua Giunta c'è l'inaugurazione del nuovo Teatro Civico.

"L'inaugurazione del Teatro comunale pose fine alla più grande incompiuta della città. Mi ero pericolosamente esposto promettendone l'apertura entro il 1993. Ci riuscimmo con grande affanno ed enormi difficoltà. Il 2 settembre si alzò il sipario: grandi protagonisti l'Orchestra e il Coro del Teatro e le celebri cantanti liriche cagliaritane, Giusy Devinu e Bernadette Manca Di Nissa. La serata successiva, l'Orchestra della Scala di Milano, diretta dal Maestro Riccardo Muti, eseguì un memorabile ed emozionante concerto".

Altre opere che furono realizzate sotto la sua gestione?

"Riuscimmo a completare un'altra incompiuta inaugurando l'Exma, con una mostra di Aligi Sassu in sua presenza. Oltre che uno dei più significativi artista italiano del Novecento si dimostrò un personaggio straordinario, di grande vivacità e fortemente legato alla sua terra di Sardegna. Per citare alcune altre opere aprimmo il Parco di Bonaria e avviammo i lavori della zona del Parco di Monte Urpinu prospiciente via Vidal. Realizzammo inoltre i sottoservizi e la pavimentazione nei quartieri di Castello e Marina. Elaborammo il progetto per gli ascensori di Castello che ci venne finanziato dalla Regione".

Una lunga lista di opere, insomma.

"Un ricordo particolare va a una piccola, ma significativa iniziativa a cui ho creduto: il primo ufficio relazioni con il pubblico supportato da un servizio di linea diretta con la cittadinanza. In un'epoca in cui non vi erano Internet o canali di comunicazione social, il sabato mattina, a turnazione, sindaco e assessori rispondevano in diretta alle chiamate dei cittadini".

Come mai non riusciste a sbloccare l'asse mediano, opera poi portata a termine dalla Giunta Delogu?

"Occorre premettere che vi è sempre una continuità nelle attività delle varie amministrazioni, legata alle fasi di progettazione, finanziamento e realizzazione. Pertanto ogni Giunta completa sovente opere avviate dalla precedente e avvia altre progettualità che verranno poi finalizzate dalla successiva amministrazione. Ad esempio noi ottenemmo un finanziamento regionale di 25 miliardi di lire per il completamento dell'asse mediano e per la strada arginale che, scorrendo parallela a viale Marconi, collega Cagliari con Quartu; opere che furono poi realizzate dalla Giunta Delogu".

Ricorda i nomi degli assessori che la affiancavano?

"Paolo Atzeri era il vicesindaco. Poi Piero Comandini, Sergio Marracini, Giorgio La Spisa, Giovanna Colombo, Salvatore Gusmeri, Franco Latti, Gianfranco Montis, Ottavio Mulas, Giampiero Sanna. C'erano anche i cari compianti Gianfranco Fara e Filippo Pirisi".

Chi era il segretario regionale della Dc, il partito di cui per quarant'anni ha fatto parte?

"Pietro Soddu, una delle menti migliori della storia dell'Autonomia Sarda. Fu l'ultimo segretario regionale della Democrazia Cristiana".

A quale corrente dello Scudocrociato apparteneva?

"Preferirei piuttosto menzionare colleghi illustri, conosciuti durante la mia lunga permanenza al Consiglio comunale, che hanno elargito un considerevole contribuito di idee alla crescita della nostra città. Ricordo, senza voler far torto a tanti altri che meritano, Paolo De Magistris, Umberto Cardia, Antonio Cau, Giovanni Lilliu, Salvatore Ferrara e Michele Columbu".

Il pentapartito che governava la città era in liquefazione. La Dc e il Psi erano nell'occhio del ciclone e già erano devastanti sul sistema politico - a livello nazionale - le conseguenze di Tangentopoli. Anche a Cagliari, con le dovute differenze, l'aria non era salubre. Come riuscì a tenere la barra dritta davanti alle avversità che provenivano da fattori esterni al Municipio?

"Non è stato un problema, perché le pressioni esterne su di me non influivano. Pensavo ad amministrare cercando di mettere a frutto l'esperienza e il meglio di me stesso".

Qualcuno, opposizioni a parte, cercò di metterle i bastoni tra le ruote quando era sindaco?

"Credo fosse inevitabile. Ricercavo, attraverso il confronto, il consenso all'interno del Consiglio per varare i provvedimenti proposti e portare avanti le progettualità per la città".

Lei, dopo quell'esperienza, pur essendo spendibile anche in seguito per la sua appartenenza all'area moderata, ha chiuso con la politica attiva. Perché?

"Perché non mi sono identificato in nessuno schieramento politico. Per me l'appartenenza politica è stata sempre passione, entusiasmo e convinzione. Oggi, piuttosto, lo scenario è abbastanza scoraggiante".

La sua Giunta ha fatto meglio o peggio di quel che Palazzo Bacaredda ha offerto dopo ai cagliaritani?

"Non sta a me certamente giudicare".

Qual è stato il miglior sindaco della città dal dopoguerra?

"Giuseppe Brotzu. Non ho lavorato con lui in Consiglio, ma l'ho conosciuto da giovane studente e da vicesegretario cittadino della Dc quando lui era sindaco. Aveva grande visione della città ed enormi capacità realizzative: con lui è stato varato il Piano regolatore".

La Dc è ancora chiaramente nel suo Dna politico. Ritiene che sia di nuovo tempo per una maggiore presenza dei cattolici in politica o è antistorico pensarlo?

"Non avverto oggi la necessità di un partito dei cattolici, ma il bisogno di una classe dirigente competente e che porti il senso etico della politica. Come ha detto Papa Francesco, i cattolici hanno però il dovere di impegnarsi, non necessariamente in un partito, per contribuire ad un cammino comune verso un mondo più giusto".

Dove si colloca ora, se ha una preferenza?

"Non sono iscritto in alcun partito pure avendo naturalmente le mie idee: per esempio ho fatto il tifo per Biden e non certamente per Trump".

Tornando alla città, di che cosa ha bisogno oggi?

"Rischierei di dilungarmi troppo…".

Quale consiglio darebbe al sindaco Paolo Truzzu?

"Nelle scelte, privilegiare sempre l'interesse generale e non perdere il contatto con la gente. Essere autorevole, ma al contempo umile, mantenendo la capacità di ricredersi laddove si sbaglia. Superare le inevitabili amarezze senza scoraggiarsi e andare avanti".

E ai cittadini, che cosa si sente di dire oggi?

"Di amare la propria città e comportarsi di conseguenza".
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