Passavano su quella terra leggeri, per parafrasare Sergio Atzeni. Leggeri e tremendamente veloci, zigzagando tra quei sugheri, planando sul campo sportivo di Sas Seddas. Ad accoglierli, l'applauso di un pubblico che era diventato ciò che per il tennis è quello di Wimbledon, per il calcio quello di San Siro. E come avrebbe potuto non diventare competente, appassionata la gente di Alà dei sardi che con quella gara di corsa campestre ci era cresciuto, vedendo sfilare negli anni quegli smagriti "marziani" agghindati con ideali medaglie d'oro penzolanti dal collo. Medaglie olimpiche, mondiali: erano gli dei della corsa campestre e non mancavano mai l'appuntamento con l'Alasport. Scorrere l'albo d'oro del Trofeo, ideato dal professor Antonello Baltolu, equivale a fare il ripasso della storia di questa specialità e più in generale del mezzofondo. Non si può dire che alcuni dei migliori interpreti internazionali siano passati agli sterrati del Monte Acuto. Sarebbe più onesto dire che, almeno sino al 2012, tutti i migliori ci sono venuti.

UN FENOMENO Certo, il tempo passa, nuovi fenomeni salgono sulla ribalta mondiale, mentre il Trofeo Alasport non si disputa dal 2012 (almeno non nella forma internazionale). E questi nuovi atleti non conoscono il miracolo di questa manifestazione che era una delle tre-quattro più importanti del panorama mondiale. Come e più delle altre classiche italiane, il "Campaccio", la "Cinque Mulini". Chiacchierando con Baltolu, che oggi a ottant'anni è ancora quotidianamente impegnato sul campo ad allenare i ragazzini di una delle più floride fucine di talenti della Sardegna, viene svelata quella che sembra l'ennesima magia. Ad accendere il discorso è la maratona di Londra: Eliud Kipchoge, l'indiscusso re dei 42,195 km, colui che - fuori gara - è stato capace di percorrere la distanza in meno di due ore, che ha vinto undici delle ultime dodici maratone disputate, dieci delle quali consecutivamente, campione olimpionico, primatista mondiale e in precedenza campione del mondo dei 500 e della corsa campestre, proprio lui, è stato battuto. È l'atleta che più ha fatto parlare di sé negli ultimi tempi, che ha acceso le polemiche per le famose scarpe col tacco rialzato, per il tentativo di stabilire un primato sulla maratona senza gareggiare. Baltolu sorride, tira una boccata dall'irrinunciabile sigaretta e dice: "Tre volte è venuto ad Alà".

IN CASA, NON IN HOTEL Come è possibile?, viene da chiedersi, che Kipchoge "esistesse" già allora. Eppure è così. "Io me lo ricordo bene", prosegue il professore, archeologo e insegnante, capace di riprodurre a matita una tomba dei giganti o un nuraghe con l'accuratezza di una fotografia. "Una persona educata, disponibile e gentile. E fortissimo. Ma qui non vinse, o meglio, vinse una volta sola". Decine e decine di atleti sono passati da Alà dei sardi, ingaggiati da Gianni De madonna e portati a correre l'Alaport. Nei primi anni dormivano a casa degli alaesi, dove erano accolti come parenti, serviti e riveriti da persone generose e ospitali, con le quali magari neppure riuscivano a scambiare una sola parola. Parlava il cibo, parlavano i bicchierini di mirto dopo la corsa, gli sguardi schietti che trasmettevano così era la Sardegna meglio di una pagina d'enciclopedia. Ma, come detto, erano tanti, con nomi difficili (molti iniziavano per Kip-), simili nella fisionomia, tutti rigorosamente magri e dalla pelle nera: non è possibile che Baltolu si confonda?

MARZIANO TRA I MARZIANI Ma Casa Baltolu, nel cuore di Alà dei Sardi, è museo archeologico, biblioteca e archivio di atletica. Da una cassapanca il professore estrae le cartelle con i dati di ciascuna delle trentasei edizioni. E naturalmente ha ragione lui. È oro puro quello che sgorga dalle pagine delle brochure che riportano gli albi d'oro, aggiornate di anno in anno e rese sempre più preziose. Nomi da leggenda: Paul Tergat, John Ngugi, Khalid Skah, Arturo Barrios, John Korir, Serji Lebid, Haile Gebrselassie, Kenenisa Bekele. Qualcuno non è neppure riuscito a vincere, tanto alto era il livello. Nell'edizione 2002, Kipchoge non ha ancora 18 anni e un anno dopo stregherà il mondo vincendo i 5.000 metri ai Mondiali di Parigi. Si presenta ad Alà e sfiora il colpo: lo batte il campione in carica dei 5000, keniano come lui, Richard Limo. È destino che sia il campione del mondo in carica dei 5000 a imporsi e nel 2004 tocca a Eliud, che precede John Korir. Poi, per tre anni la gara non si disputa. Nel 2008 Kipchoge è invitato come campione uscente ma trova sulla propria strada il più giovane dei fratelli Bekele, Tariku, promettente etiope, ed è ancora secondo.

CI SARÀ UN ALTRO RE? La storia del trofeo Alasport va avanti ancora quattro anni, incoronando uomini come Zersenay Tadese o Imane Merga, poi nel 2012 si interrompe. Baltolu è irremovibile: o la gara resta sullo stesso livello o non se ne fa niente. Mancano gli approvvigionamenti dalle istituzioni, si chiude bottega. Oggi il professore ha ottant'anni, i suoi figli con la collaborazione di Antonello Cocco (ex atleta divenuto dirigente dell'Alasport) portano avanti la tradizione del cross ad Alà, con una gara giovanile interregionale. Il vecchio Trofeo Alasport è negli almanacchi, nello splendido libro scritto da Vanni Loriga, nella memoria di tutti. Ma potrebbe tornare. Gli sport, i grandi eventi sono di nuovo divenuti strategici nelle politiche di promo.
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