In tutte le ultime elezioni è stato il primo partito: la percentuale degli astenuti è in continua ascesa e lo scorso 25 settembre ha superato il 36 per cento in tutta Italia, raggiungendo addirittura il 47 per cento in Sardegna. Chi è andato alle urne ha toccato con mano i limiti dei sistema di voto: tra le file per sostituire le schede elettorali smarrite – in Comune a Cagliari l’attesa è stata di diverse ore – e i rallentamenti delle operazioni al seggio a causa dei mitici tagliandi anti-frode, tanti hanno invocato il passaggio al voto elettronico, che potrebbe contribuire a coinvolgere l’elettorato in uno dei momenti più difficili per la democrazia partecipativa.

Quali sono le possibili strade? Il voto elettronico si divide in e-voting (electronic voting) e i-voting (internet voting), e per ora sono poche le nazioni che lo utilizzano.

L’e-voting consente agli elettori di esprimere il voto servendosi di una scheda digitale al posto di quella tradizionale cartacea. Sarà sempre necessario registrarsi al seggio, dove la preferenza sarà espressa su un computer o un tablet. In questo modo le operazioni di scrutinio sono quasi immediate.

L’i-voting invece consente di votare su internet attraverso la propria identità digitale.  L’Estonia è il primo Paese che dal 2007 ha adottato il voto elettronico online: i cittadini devono autenticarsi con la propria carta d’identità con un lettore collegato al computer, e grazie a una password aggiuntiva possono esprimere il proprio voto da casa. Il voto elettronico da remoto è proposto come soluzione alternativa al voto nei seggi  e viene utilizzato dal 30% degli elettori.

Il voto elettronico, nelle sue diverse forme, è utilizzato nelle elezioni politiche e amministrative in Stati Uniti, India, Brasile, Estonia e, solo in casi particolari, anche in Francia, Svizzera e Regno Unito. È stato sperimentato e poi abbandonato in Olanda e Norvegia.

In Italia, a parte qualche sperimentazione a livello locale, il voto elettronico non viene utilizzato per le elezioni amministrative. I nodi sono diversi: è difficile costruire un sistema interamente elettronico che dia adeguate garanzie: dalla certezza che una persona voti solo una volta all’assicurazione che la preferenza sia realmente segreta e libera da condizionamenti. Lo scrutinio e l’elaborazione dei dati deve essere poi inattaccabile.  

Nella legislatura appena conclusa si sono registrate diverse iniziative relative alla digitalizzazione del procedimento elettorale e alla sperimentazione del voto elettronico, presentate anche alla luce delle indicazioni dell'Unione europea al riguardo. L’anno scorso la Commissione Ue ha presentato gli indirizzi per la trasformazione digitale dell'Europa entro il 2030. Tra gli obiettivi c’è quello di “servizi pubblici online completamente accessibili a tutti”, comprese le persone con disabilità, anche attraverso il voto elettronico.

La sperimentazione del voto elettronico è stata prevista dalla legge di bilancio 2020 che ha istituito il Fondo per il voto elettronico con uno stanziamento di 1 milione di euro. Il Fondo è finalizzato all'introduzione in via sperimentale del voto digitale per gli italiani all'estero e gli elettori temporaneamente fuori dal comune di residenza per motivi di lavoro, studio o cure mediche.

La prima prova però è stata rinviata al 2023.

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