“Dybala può giocare mezzala”. Massimiliano Allegri non fa mistero del suo calcio creativo, non tanto in termini di fantasia nell’approccio ai sedici metri avversari quanto piuttosto nella trasformazione degli atleti di cui dispone. Ha messo in moto il processo di adattamento della Joya, ha fatto di  lui un atipico: né prima punta, né trequartista, tantomeno la mezzala dei suoi desideri. Dybala in campo è avulso dagli schemi semplicemente perché gli schemi non esistono. Il diez bianconero è sempre più lontano dalla porta e sempre più utilizzato nella costruzione di un gioco che, salva l’inventiva dei singoli, non c’è.

Paulo Dybala a colloquio con Massimiliano Allegri (Ansa)
Paulo Dybala a colloquio con Massimiliano Allegri (Ansa)
Paulo Dybala a colloquio con Massimiliano Allegri (Ansa)

E con l’arrivo di Vlahovic cosa cambierà nello scacchiere bianconero? Tutto e nulla. La Signora continuerà a difendere molto bassa e quando recupererà palla avrà tanto campo da percorrere per servire il serbo. Con la raccomandazione di non sbagliare le uscite (“dobbiamo giocare bene tecnicamente”, è il mantra di Max) e soprattutto di non trascurare la difesa. Non troppi uomini dunque sopra la linea della palla, morigeratezza negli inserimenti e coraggio soltanto a piccole dosi. D’altronde il coraggio, se uno non ce l’ha (come quel prete padano che viveva sul Lago di Como) mica se lo può inventare.

Eppure il dna di questa squadra, a corto di palleggiatori nel mezzo e di centrocampisti dai piedi buoni tout court, imporrebbe di far giocare più attaccanti, quelli sì di qualità. E allora due mediani (Locatelli e Zakaria, senza trascurare McKennie) e tre mezze punte (specie una volta che rientrerà Chiesa) dietro l’uomo-gol appena reclutato. Squadra molto corta e pressing.  Questa strategia troverebbe giustificazione e supporto nel fatto che i due di centrocampo risultano abilissimi nel recupero palla anche sulla trequarti avversaria e uno di loro, Locatelli, può capitalizzare la sua propensione agli inserimenti avendo un guardaspalle come l’elvetico arrivato da Mönchengladbach.

Denis Zakaria, centrocampista della Juventus, con la maglia del Borussia Monchengladbach (Ansa)
Denis Zakaria, centrocampista della Juventus, con la maglia del Borussia Monchengladbach (Ansa)
Denis Zakaria, centrocampista della Juventus, con la maglia del Borussia Monchengladbach (Ansa)

Allegri però non sembra sedotto da questa soluzione, a meno che non riesca a far vestire a Morata i panni di Mandzukić reinventato esterno sinistro. Oppure non opti per una soluzione che contempla Cuadrado e Bernardeschi esterni nel tridente di sostegno all’unica punta.

Al di là del primo appuntamento dell’era Vlahović al Bentegodi, la propensione al risparmio di energie e rischi che caratterizza il calcio del tecnico livornese fa ipotizzare un centrocampo con tre mediani, quello che fece saltare su tutte le furie Berlusconi ai tempi in cui Max allenava il Milan e fu in sostanza la goccia che fece traboccare il vaso delle incomprensioni causando l’esonero del tecnico. A Torino la soluzione dei tre centrocampisti adottata da Allegri era fondata sui postulati di Antonio Conte, funzionò a dovere tanto da garantire due finali di Champions ma il perno di quella mediana era Pirlo, non un taglialegna qualsiasi. Ora, posto che Zakaria è tutto fuorché un pozzo di fantasia, forse è lecito aspettarsi soluzioni diverse per dare imprevedibilità al gioco bianconero. La soluzione al problema del play non può essere incarnata da Locatelli, vivace, tecnicamente ben dotato ma non sufficientemente riflessivo per quel ruolo. Un rombo con Dybala come vertice per innalzare il livello delle giocate tra le linee avversarie? E in questo caso come si spartirebbero i compiti Vlahović e Morata? La difesa a tre, adottata con la proverbiale “abbondiana” prudenza in fase di transizione dall’era Conte all’era Allegri, poi accantonata e sporadicamente riesumata in momenti di disperazione, non sembra oggi attuale né opportuna. In questo impianto tattico tre difensori centrali, sebbene di valore, farebbero più danni di due e sottrarrebbero – questa l’impressione – risorse importanti in fase di allestimento della manovra. L’allenatore è dello stesso avviso oppure ritiene che un corazziere in più gli garantisca maggiore equilibrio? Gli interrogativi pesano su un futuro che appare senz’altro meno fosco visto il sontuoso mercato invernale foraggiato da Exor a dispetto delle ristrettezze del bilancio societario, ricapitalizzato di recente. Starà proprio a Massimiliano Allegri far fruttare al meglio il patrimonio tecnico che gli Agnelli a gennaio hanno messo a sua disposizione. Ha ora in organico un reparto offensivo di valore assoluto, esterni di grandi doti tecniche ma quasi frenati dalla paura. Alex Sandro, per esempio, non va più sulla fascia come un tempo e non può essere soltanto una questione anagrafica. Giocando in Nazionale (visto nella partita pur non eccelsa con l’Ecuador) cerca costantemente la verticalità e non si rifugia sistematicamente nel tocco all’indietro o in quello laterale come fa di solito in bianconero. Starà a Max, dopo la ritrovata solidità, restituire ai suoi autostima e convinzione che sembravano smarrite nell’intero girone di andata.

Lui, c’è da scommettere, anche quando ci sarà da aggredire le partite predicherà calma. Col rischio che questa calma, agli occhi di famelici antagonisti, appaia come la virtù dei deboli.

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