Sulle prime è la disparità di trattamento ad attirare l’attenzione.

Del deputato inglese accusato di aver guardato per due volte video porno in aula sappiamo tutto a cominciare dal nome, Neil Parish, e ne abbiamo visto online le dimissioni consegnate in lacrime ai media insieme a una spiegazione che riesce ad essere più imbarazzante dell’episodio in sé, ovvero che era inciampato nei filmetti zozzi per errore, mentre cercava online sul telefonino un certo modello di trattore. Al contrario, del suo collega arrestato per aver commesso stupri, molestie sessuali e abusi di potere tra il 2002 e il 2009 sappiamo solo che è un cinquantenne e che è conservatore. Per sapere chi sia e quanto siano fondate le accuse evidentemente bisognerà aspettare che cominci un processo, fino a quel momento l’uomo continuerà a legiferare e a rappresentare il proprio collegio elettorale. E non sarebbe neppure utile consultare il registro delle presenze in aula per avere un indizio su chi sia, visto che il parlamentare è stato rilasciato su cauzione subito dopo il fermo.

Eppure a spingerci ad accostare i due fatti, e quindi a paragonarne il trattamento quanto alla trasparenza e agli elementi forniti all’opinione pubblica, è solo l’elemento cronologico, visto che sono accaduti a pochi giorni uno dall’altro, il primo a fine aprile e il secondo a metà maggio. In realtà la storia di Parish resterà negli elenchi aneddotici dei boomerang politici più goffi e notevoli. Quella dell’anonimo deputato accusato di essere uno stupratore seriale invece si colloca in una lista molto più folta, oltre che inquietante. Un catalogo di accuse, denunce e dati statistici che dimostrano come Westminster, il tempio della democrazia occidentale, sia tutt’altro che un posto sicuro per una donna.

E anche per un uomo, in alcuni casi. Il 7 febbraio del 2018 l’Agi dava notizia di un rapporto commissionato dai deputati britannici e visionato in anteprima dall’Independent. I numeri erano impressionanti: “Delle 1.377 persone intervistate - personale e parlamentari - il 19% ha rivelato di aver subito molestie sessuali o comportamenti inappropriati – scriveva l’agenzia di stampa - mentre il 39% ha parlato di bullismo o molestie di qualche tipo”. Tra questi ultimi, il 35% erano uomini. Certo, in un ambiente patriarcale è più frequente che un uomo rischi di essere bullizzato che molestato sessualmente, ma tra le dimissioni recenti di parlamentari vanno ricordate anche quelle di Ahmad Kahn, scattate dopo la condanna per aver molestato sessualmente un quindicenne.

Ma se ci sono alcuni episodi di uomini molestati o abusati, per quanto riguarda le donne i casi sono così numerosi che si fa prima a proporli in forma statistica.

Come ricordava recentemente Luigi Ippolito sul Corriere della Sera, i parlamentari accusati di abusi sessuali sono 56, il che equivale a dire quasi uno su dieci, e nella grande maggioranza dei casi si tratta di conservatori: “Di recente hanno avuto un loro deputato sospeso dal partito sulla scorta di accuse di molestie e uso di cocaina; un altro è uscito dai Tories dopo aver molestato un’assistente, ma siede ancora in Parlamento come indipendente; ancora un ex onorevole era stato condannato per stupro e maltrattamenti nei confronti della moglie; e un altro, incarcerato per due anni per aver aggredito sessualmente tre donne, è stato difeso dalla moglie che siede ora a Westminster al suo posto”. Ma non si pensi che violenze e molestie siano un’esclusiva dei conservatori: sulla piattaforma Independent Complaints Grievance Scheme, creata per agevolare la denuncia di abusi, come ricorda Antonello Guerrera su Repubblica, sarebbero segnalati episodi che riguardano tre ministri in carica e due “ministri ombra” dell’opposizione laburista.

Altrettanto sbagliato sarebbe immaginare che il fenomeno riguardi solo Westminster. A novembre dello scorso anno fece scalpore un rapporto sul parlamento australiano commissionato dopo che l’ex dipendente Brittany Higgins aveva raccontato di essere stata violentata da un collega nelle stanze dell'allora vice ministro della Difesa dopo una serata con un gruppo di colleghi del Partito Liberale. Il report, dice l’agenzia Ansa, attesta che il 63% delle parlamentari ha subito di molestie, contro il 24% dei loro colleghi maschi e una media nazionale per le donne del 39%. Nel complesso, il 51% di tutti i dipendenti del Parlamento del Paese (parlamentari inclusi) ha subito almeno un caso di bullismo, di molestia sessuale o di tentata aggressione sessuale. Inoltre, poco più di un quarto delle persone che hanno subito molestie sessuali hanno puntato il dito contro un membro del Parlamento.

Infine l’ultima tentazione - pensare che sia un problema che riguarda i parlamenti di sua maestà britannica – si infrange su un dato del 2017 raccolto dal portale di informazione sulle istituzioni europee, Politico Europe. Come riporta il Fatto Quotidiano, sul sito Playbook “i casi denunciati sono 87: le accuse vanno dai contratti di lavoro offerti in cambio di sesso, a giovani donne che vengono inviate nei locali e alle cene per offrire favori sessuali in cambio di provvedimenti legislativi, al funzionario cui viene chiesto di prenotare le prostitute per un deputato”. Quando la politica ci delude siamo abituati a dirci amaramente che i parlamenti sono lo specchio delle popolazioni che li hanno espressi. In certi casi sanno essere molto peggio.

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