“The butterfly” ce l’ha fatta. La medaglia di bronzo conquistata ai Giochi di Tokyo è destinata a rimanere un punto fermo della boxe e in generale di tutto il movimento femminile sportivo italiano. Per la prima volta una pugile italiana ha conquistato una medaglia alle Olimpiadi: è Irma Testa, butterfly perché il suo primo maestro ebbe l’illuminazione dopo averla vista svolazzare sul ring, ha 23 anni, tira jab quasi fosse Mohammed Alì, ma sfilati i guantoni non rinuncia alla femminilità (mostra unghie lunghe e arrotondate, colorate di rosa). Nella semifinale del torneo dei 57 chilogrammi, nel match della Kukugikan Arena, il tempio del sumo a Tokyo, con Nesthy Petecio, filippina tutta nervi e muscoli che schizza come una pallina da flipper e che non a caso è campionessa del mondo, la “farfalla” si arrende (4-1) ma conquista comunque un risultato storico: il bronzo. Un’impresa, non una sorpresa: la Testa, infatti, già una partecipazione ai Giochi di Rio, nel 2016, non ha fatto altro che portare la sua qualità nel pugilato dei grandi, dopo che a livello giovanile aveva già fatto cose grandissime: nel suo palmares di giovane promessa, oltre a un titolo mondiale e a uno Europeo (anche un titolo Continentale tra le grandi, nel 2019) anche l’argento ottenuto nell’edizione dei Giochi Olimpici giovanili estivi 2014 a Nanchino.

La storia. Irma Testa è una ragazza come tante. Nella sua adolescenza difficilissima vissuta a Torre Annunziata dove “soprattutto nel passato la parola d’ordine era “meno Stato, più Camorra” e dove il confine con il male è sottile e il serio rischio di varcarlo è sempre dietro l’angolo”, racconta, oltre che il sogno del principe azzurro trova un bel posticino anche il ring. E’ andata a scuola, anche se la cosa non la entusiasmava granché, frequentava ragioneria, e conciliare il tutto con il pugilato non è stato facile. La boxe, invece, l’ha sempre entusiasmata. Il sudore, la fatica, il fascino della palestra. Un film-documentario andato in onda su Raidue (regia di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, coprodotto da Indyca e Rai Cinema e distribuito da Cinecittà Luce) ha svelato la sua storia; un racconto intimo sul suo percorso sportivo, i suoi sogni e le sue fragilità. Irma ha lunghi capelli e lineamenti graziosi, ma questo può stupire solo chi non segue abitualmente la boxe femminile. In Italia il movimento ha sofferto prima di riuscire a farsi largo, “aiutato” dalle imprese tra le professioniste prima di Stefania Bianchini e poi di Simona Galassi. Adesso, però, in “vetrina” c’è lei, Irma Testa.

Vola verso Parigi. La farfalla che vola tra le corde ha un segreto: ad aiutarla a spiegare le ali è stato il suo primo maestro, Lucio Zurlo, che ha avuto fiducia in lei quando la vide, da piccola, fragile e determinata, con i guantoni sul ring della sua palestra. Da 60 anni all’angolo di un ring, Zurlo è stato una vera figura paterna per Irma Testa. Maestro di vita oltre che maestro di boxe, un signore che ha tirato via dalla strada tante persone. “Dopo Rio, Irma voleva lasciare il pugilato, ma io sapevo che non l’avrebbe abbandonato”, racconta in un’intervista alla Rai. Accende gli entusiasmi, Irma Testa. Fa sognare e cantare. Lei che nella sua città è un simbolo, che nella notte tra venerdì e sabato scorso ha fatto svegliare migliaia di persone per un incontro di pugilato (neanche fosse la riedizione, più di 50 anni dopo, del match tra Benvenuti e Griffith al Madison Square Garden, quando nel cuore della notte restarono incollati alla tv quasi dieci milioni di italiani). E’ lei l’azzurra simbolo dei Giochi di Tokyo. C’è la leggendaria Federica Pellegrini, naturalmente, ma Irma Testa è il futuro che prende a pugni il presente. Che scrive una pagina di storia dello sport. L’immagine confezionata sembra troppo bella per essere vera: una ragazza del “ghetto” che conquista una medaglia alle Olimpiadi e scrive la storia. Ma è vero, è tutto vero.

E ora che è diventata un’eroina nazionale, chissà che cosa farà Irma Testa. Continuerà ad avere una vita come tante («un giorno mi piacerebbe avere dei figli»), l’aspirazione a una sana routine? Tutte cose, forse, destinate ad aspettare. Irma ha fretta, deve correre verso il prossimo obiettivo: destinazione Parigi 2024.

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