Otto donne prese in carco a Carbonia, 14 dal Plus Carbonia, 9 a Iglesias e 4 dal Plus di Iglesias. Trentacinque storie diverse, trentacinque persone che hanno già potuto riprendere a vivere senza la paura, a dormire senza l’incubo costante di un uomo violento che le teneva sotto scacco. Tutto questo da quando a Carbonia, e nelle sedi collegate, ha aperto i battenti – nove mesi fa – il Centro antiviolenza in via Giovanni Porceddu.

È nato con lo scopo di diventare “la casa” di tutte le donne e di tutti coloro che, nei 23 Comuni di Sulcis Iglesiente, hanno bisogno di un supporto prezioso che in passato è mancato, lasciando spazio a situazioni e storie terribili senza soluzione che hanno riempito le pagine di cronaca e i tg.

Gli amministratori di Carbonia della passata giunta guidata da Paola Massidda lo hanno fortemente voluto, quelli dell’esecutivo che si è appena insediato, guidato da Pietro Morittu, hanno tutta l’intenzione di mantenerlo e, se possibile, potenziarne l’attività. E non potrebbe essere altrimenti visto che la sua azione e il suo messaggio si stanno espandendo a macchia d’olio in tutti i Comuni del Sulcis Iglesiente, in sinergia con l'associazione Donne al Traguardo che ha fatto sì che per le donne vittime di ogni genere di violenza, ci siano strumenti di aiuto immediato e la possibilità di costruire un futuro senza incubi e paure.

L'inaugurazione del Centro antiviolenza l'8 marzo 2021 (foto S. Piredda)
L'inaugurazione del Centro antiviolenza l'8 marzo 2021 (foto S. Piredda)
L'inaugurazione del Centro antiviolenza l'8 marzo 2021 (foto S. Piredda)

Prima di tutto i numeri verdi operativi (in sinergia con il 1522), 24 ore su 24 (800984434 per Carbonia e 800821663 per Iglesias): in qualsiasi momento si trova qualcuno con cui parlare, raccontare la propria storia e trovare la protezione e l’ascolto di una fittissima rete di persone. Un lavoro che vede collaborare i Comuni con Regione, forze dell'ordine, Prefettura, strutture socio-sanitarie e tutti gli enti e le associazioni del territorio.

Lo staff, come ha spiegato la referente territoriale di Donne al Traguardo, la psicoterapeuta Maria Mameli, in occasione dei recenti incontri nel territorio in cui si è parlato delle attività dello sportello, mette a disposizione una psicologa psicoterapeuta, due educatrici professionali, due assistenti sociali, una mediatrice linguistica culturale interprete plurilingue e un’avvocata esperta in diritto di famiglia. Si parte dai colloqui telefonici e i colloqui di accoglienza per poi offrire consulenza e sostegno psicologico, consulenza e sostegno sociale, ricerca abitativa, consulenza e assistenza legale, consulenza e sostegno minori. Nascono poi i gruppi di supporto al ruolo genitoriale e di supporto diretto ed indiretto dall’associazionismo femminile.

Non esistono progetti uguali per tutti, perché ogni donna che bussa al Centro ha la sua storia, il suo dolore e caratteristiche uniche che altrettanto unico devono rendere il progetto di rinascita studiato per lei, per i i suoi bisogni e per quelli della sua famiglia. L’obiettivo è che chi bussi allo sportello possa avere da subito la possibilità di metabolizzare l’idea che una vita diversa è possibile e che non esiste un incubo senza uscita. Bisogna avere la forza di chiedere aiuto e la volontà di accettarlo.

Che non ci sia una tipologia unica di donna che chiede aiuto lo dicono i primi dati raccolti dal Centro in questi primi nove mesi di attività che la pandemia non ha reso certo meno impegnativi.

Il 27 per cento delle donne che ha chiesto aiuto è nubile, il 26 per cento convive con un uomo, il 20 per cento è separata e il 27 per cento ha interrotto una relazione da meno di un anno. Anche le età sono diverse: il 20 per cento ha dai 16 ai 29 anni, il 21 per cento dai 30 ai 39, la fetta maggiore (il 42 per cento) comprende donne che vanno dai 40 ai 49 anni e infine, il 17 per cento, va dai 50 ai 59. Il 15 per cento di queste donne non ha figli, il 31 per cento ne ha uno, il 48 per cento ne ha due e il 6 per cento tre (o più). Diverso anche il tipo di vita lavorativa: il 15 per cento è occupato, un altro 15 per cento è disoccupato, il 6 per cento è composto da donne pensionate di varia età, il 27 per cento cerca ancora occupazione, il 20 per cento è composto da donne con lavoro precario, il 22 sono donne non più, per diverse ragioni, occupabili. Diverso anche il tipo di problema che ha portato queste trentacinque donne a chiedere aiuto. Per il 20 per cento si parla di violenza fisica, il 49 per cento psicologica, il 5 per cento ha subito violenza sessuale, il 16 per cento stalking, il 6 per cento violenza economica, il 2 per cento violenza verbale.

Non c’è solo il numero verde. Si può bussare al Centro di via Porceddu 12 a Carbonia (è una traversa di via Filzi dove aveva sede un ex asilo comunale): è aperto al pubblico il lunedì ed il mercoledì dalle 15 alle 19, il martedì il giovedì ed il venerdì dalle 9 alle 13. Si riceve preferibilmente, soprattutto in questo periodo di pandemia, previo appuntamento, ma basta una chiamata ai numeri verdi gratuiti per non perdere un solo minuto se si decide di chiedere aiuto. Idem negli sportelli decentrati che si trovano a Sant’Antioco (in via Risorgimento 37) dove si riceve il venerdì dalle 10 alle 14; a Giba (via Principe di Piemonte 1, lato municipio) dove gli operatori sono presenti il martedì dalle 17 alle 19; a Portoscuso (via Giulio Cesare 1) il lunedì dalle 11.30 alle 13.30; a San Giovanni Suergiu il mercoledì dalle 17 alle 19, a Iglesias (via Crocifisso, 90, sede Acli), l lunedì dalle 9 alle 11, il martedì dalle 14 alle 16,il mercoledì dalle 14.30 alle 16.30, il giovedì dalle11.30 alle 13.30.

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