Tutti pazzi per la Torre di Mariano
In poche settimane oltre 1.500 visite all’antica porta della città di Eleonora
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Oltre settecento anni, portati benissimo. La Torre di San Cristoforo che, dalla fine del 1200 domina su Oristano, si conferma uno dei monumenti simbolo della città di Eleonora. Ed è stata l’asso nella manica del rilancio turistico-culturale in una stagione segnata ancora dal Covid-19: riaperta all’inizio dell’estate dopo una chiusura di oltre dieci anni per motivi di sicurezza, è stata presa d’assalto da turisti ma anche da tantissimi oristanesi. Tanto che in poche settimane nel registro delle presenze si è arrivati a oltre 1.500 firme. Un record, ennesima prova del valore dell’unica porta dell’antica cinta muraria rimasta in piedi ma anche l’impegno delle varie amministrazioni che tanto hanno investito per restituire la Torre alla città.
La visita
Già all’esterno si può ammirare tutta l’imponenza della Torre fatta realizzare dal giudice d’Arborea Mariano II di Bas-Serra, nonno della giudicessa Eleonora. Quasi trenta metri di mattoni di arenaria provenienti da Tharros: nella parte anteriore si apre un arco a sesto acuto in cui scorreva una saracinesca. L’accesso era dotato presumibilmente di un ponte levatoio ed era difeso da un doppio sistema di chiusura che prevedeva una saracinesca, azionata da argani sistemati al secondo piano, ed una seconda porta a battenti. Ancora ben visibile la parte che ospitava la porta d’accesso, mentre sui lati sono ci sono i blocchi di connessione che in passato la univano al resto della cinta muraria.
Alcuni passi sotto l’arco e sulla sinistra ecco l’ingresso con una scala a chiocciola in ferro e 33 gradini che portano fino al primo piano. Qui si aprivano due porte che mettevano la Torre in collegamento con il camminamento di ronda della muraglia. Ci sono ancora due feritoie utilizzate a difesa delle mura: da qui venivano lanciate pietre o frecce. Altre tre feritoie, di cui una sul prospetto principale, si aprono al secondo piano che si raggiunge attraverso una rampa di scale in legno. Subito dopo altra rampa (complessivamente i gradini sono 99) e si arriva al terzo piano che costituisce la base per una torretta alta quasi 10 metri e sovrastata da tre merli guelfi per lato. Nella torretta trova posto una campana in bronzo, sistemata nel 1430, sotto il marchesato di Antonio Cubello, come emerge dall’iscrizione che la circonda.
La storia
Il primo documento in cui appare la denominazione Torre de Port'e Ponti risale al 1500 mentre nelle delibere comunali dei secoli XVI-XX si trova citata come Torre di San Cristoforo, (da un retablo che raffigura Cristoforo, santo protettore dei viandanti, opera che un tempo era custodita all’interno della Torre). Port‘e Ponti è l'elemento più significativo di ciò che rimane della cinta muraria costruita dal giudice Mariano II alla fine del XIII secolo. Come scrive lo studioso oristanese Andrea Sanna nella sua opera “Le torri, le porte e le mura medioevali della città di Oristano”, per il giudice “le mura costituiscono le fondamenta per la crescita della sua capitale”. La cinta muraria correva per circa due chilometri in cui erano inserite due torri gemelle: quella di San Cristoforo e di San Filippo. La prima era l'ingresso settentrionale della città, l’altra era l’accesso sud che guardava verso il mare e infatti si chiamava Port‘e mari e sorgeva in piazza de Sa Majoria accanto alla reggia giudicale nell’attuale piazza Manno. C’erano inoltre due torri minori Portixedda a est (altra sopravvissuta alla tabula rasa delle mura del secolo scorso), e Porta Sant'Antonio a ovest dove ancora oggi ci sono resti delle antiche mura.
Per la cinta difensiva il punto di non ritorno arriva nell’800 quando le mura iniziano a essere viste come “un inutile ingombro da cui si può ricavare solo altro materiale da costruzione” si legge nell’opera di Sanna. Inizia così un graduale smembramento che culminerà ai primi del Novecento con la demolizione della Porta mari mentre l’addio alla Torre di San Filippo risale al 1872 dopo un precedente crollo. “Si salva solamente la torre di San Cristoforo per una serie di fortunate concause – scrive Sanna- la struttura solida, il moderno orologio e l’allarme della campana bronzea in caso di inondazioni del Tirso”. Ma la campana risuonava dando l’allarme anche durante la Guerra. Qualche tempo dopo la Torre venne inserita nel registro dei monumenti nazionali previsto dal Regno d’Italia e questo la mise al riparo da qualsiasi rischio. Non così per le mura intorno: nel 1916 via libera al progetto di demolizione della cinta, compresa la chiesa di Santa Caterina (l’abbattimento si concluse intorno agli anni 30).
Il futuro
Da un passato glorioso a un futuro che può essere certamente ricco. La Torre di San Cristoforo rappresenta un patrimonio per tutta la comunità oristanese. In poche settimane ha destato grande interesse per la storia, le curiosità che custodisce ma anche per il panorama mozzafiato che regala: la chiesa di Santa Chiara da una parte, San Sebastiano dall’altra e poi la città vista da una prospettiva nuova e unica. Una bellezza che la notte (un grande successo per le visite al chiaro di luna) si carica di altre suggestioni e che vale ben oltre il fiatone per i cento gradini.