Un coach argentino al Tennis club Cagliari. Verrebbe da dire scusate il ritardo. Un anno fa l’arrivo a Monte Urpinu di Guillermo Perez Roldan era sfumato quando sembrava cosa fatta, adesso la fumata bianca dopo una trattativa-lampo con un altro ex campione di livello internazionale diventato coach, Martin Vassallo Arguello.

Martin Vassallo Arguello a Indian Wells (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello a Indian Wells (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello a Indian Wells (foto concessa)

Quarantuno anni, di Buenos Aires, ritirato dal circuito Atp dieci anni fa, Arguello è stato numero 47 al mondo in singolare nel 2009, ha preso parte a tutti i tornei del Grande Slam dove ha raggiunto il quarto turno nel 2006 partendo dalle qualificazioni e battendo al secondo Sebastian Grosjean, ex top ten francese all’epoca 21 al mondo al quinto set (fu sconfitto poi dal connazionale Nalbandian con un periodico 6-4). Poi ha vinto diversi Challenger, anche in Italia, ha perso due volte contro Nadal e una volta contro Djiokovic . «Non ho mai giocato contro Federer, peccato. Ricordo Nadal 16enne, lo affrontai in un torneo a Barletta, rimasi incantato soprattutto dalla sua capacità di restare concentrato ogni punto per tre ore: un fenomeno».

Ma Martin Vassallo Arguello considera il punto più alto della sua carriera aver giocato in Coppa Davis: «Sicuramente, quel match contro l’Olanda a Buenos Aires per me è indimenticabile. Sugli spalti c’erano tutti i migliori giocatori della storia del tennis argentina, anche Vilas e Clerc».

Martin Vassallo Arguello premiato a Buenos Aires\u00A0(foto concessa)
Martin Vassallo Arguello premiato a Buenos Aires\u00A0(foto concessa)
Martin Vassallo Arguello premiato a Buenos Aires (foto concessa)

Le sue caratteristiche?

«Ero un attaccante da fondo campo, come si dice adesso, forse ho smesso presto, ma avevo cominciato giovanissimo in un periodo in cui i metodi di allenamento erano diversi da quelli attuali: sono cresciuto a pane e fatica, fatica e pane, ero stanco, il mio fisico aveva perso forza, ho preferito lasciare».

Appendere la racchetta al chiodo, per Martin Arguello, è solo un modo di dire, la sua non l’ha mai messa da parte.

«Ho lavorato per il ministero dello sport argentino a un progetto sullo sport a scuola, poi per la federazione argentina, seguivo paese per paese quei giovani sui quali era importante investire perché avrebbero potuto sbocciare da un momento all’altro. Ho fatto anche il coach di un connazionale professionista, Facundo Bagnis, attualmente 101 al mondo ma nel 2016 salito sino al numero 55 della graduatoria mondiale».

Poi una scelta di vita completamente diversa.

«Sì, con mia moglie, che è una giornalista televisiva, abbiamo deciso di trasferirci in Europa, sia per la mia professione, sia per la sua. L’opportunità di venire in un posto a misura d’uomo e dove c’è un’altissima qualità della vita come Cagliari era l’opportunità che cercavamo. Ma non era la prima volta che venivo in Sardegna con la racchetta di tennis in mano».

Davvero?

«Sì. Per due anni, quando ero ancora professionista, dal 2001 al 2003, avevo stabilito a Olbia, al Geovillage, la mia base operativa: mi allenava Guillermo Perez Roldan, gli devo molto. Proprio il ricordo di quel periodo, la conoscenza della Sardegna, mi hanno spinto ad accettare con entusiasmo la proposta del Tennis club Cagliari di seguire il settore agonistico del circolo».

L’Italia è stata la sua prima scelta?

«Sì, quando lavoravo con la federtennis argentina ho avuto molti contatti con allenatori italiani. Avevo conosciuto il direttore della scuola maestri, Michelangelo dell’Edera, c’eravamo scambiati le rispettive esperienze e avevo capito che avrei potuto trovare in Italia l’ambiente giusto per il mio lavoro. Mi occupo di giovani da allenare sul campo, certo, ma anche di management sportivo, dei rapporti con enti e scuole. Sono sicuro che in Italia e in Sardegna in particolare ci siano le possibilità di fare un ottimo lavoro».

Martin Vassallo Arguello e Beatrice Zucca (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello e Beatrice Zucca (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello e Beatrice Zucca (foto concessa)

Come ha trovato il tennis in Sardegna?

«Ci sono giovani di buon livello, ma oggi i migliori sono costretti a rivolgersi nella penisola o all’Estero se vogliono compiere quel salto di qualità in grado di proiettarli nel professionismo. E’ una questione di organizzazione e di metodo, ci sono quindi ampi margini per migliorare».

Il suo progetto?

«E’ quello dei dirigenti del Tc Cagliari. Il circolo può diventare quel riferimento per giovani di grandi prospettive in modo che non debbano allontanarsi troppo giovani dal proprio ambiente senza pregiudicare la possibilità di diventare giocatori di libello internazionale».

Campioni si nasce o si diventa?

<Nessuno ha mai dato una risposta definitiva a questa domanda. C’è chi si propone di costruire il campione, chi dice che bisogna avere comunque una base genetica. Io credo nel lavoro>.

Martin Vassallo Arguello e Facundo Bagnis (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello e Facundo Bagnis (foto concessa)
Martin Vassallo Arguello e Facundo Bagnis (foto concessa)

In che senso?

«Penso che occorra tracciare una strada e seguire una metodica di allenamento per tutti, perché è sbagliato a mio avviso puntare su un solo progetto di campione trascurando gli altri ma l’intero gruppo di giovani deve crescere per il bene comune. Se poi qualcuno spiccherà il volo, allora il circolo, la Federazione devono dargli i mezzi appropriati. Per intanto i tecnici devono collaborare tra loro secondo un progetto didattico comune. E’ quello che è successo in Argentina. E che sta succedendo anche in Italia. Un modello che deve seguire anche la Sardegna e il Tc Cagliari: stanno arrivando importanti tornei, opportunità, tecnici di un certo livello. C’è l’ambiente giusto. Sono molto ottimista, credo molto nella Sardegna sa perché?»

Perché?

«Vedo in Sardegna, in piccolo, gli stessi problemi che ho visto e vissuto in Argentina. Il mio paese è lontano da Stati Uniti ed Europa, i punti di riferimento per chi gioca a tennis, così come la Sardegna soffre di un certo isolamento. Ma sia in Argentina sia in Sardegna esistono le potenzialità per superare tutto questo. E’ assurdo che una regione così non abbia da anni un giocatore di livello internazionale, l’ultima è stata Anna Floris, sono passati ormai troppi anni. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche per lavorare nella stessa direzione».

Hanno visto che lei alla fine della lezione chiede ai ragazzi del Tc Cagliari di ripulire il campo in terra battuta, di innaffiarlo.

(sorride) «Il campo da tennis per me è un tempio, occorre lasciarlo possibilmente in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato. In ogni campo poi ricapiterà di allenarci o giocarci, occorre trattarlo bene. Con amore».

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